Che fatica.
No, davvero, sarà mezz’ora che giro intorno all’inizio di questo post e comincio a sentirmi scoraggiata.
Perché non voglio unirmi al coro di chi spara a zero su questo film ma al tempo stesso non ce la faccio a dire che mi è piaciuto.
E sostanzialmente sono in lutto.
Per la dipartita delle doti cinematografiche di Aronofsky che hanno deciso di suicidarsi in massa come i lemmings. Dandosi fuoco, per l’esattezza.
Ci saranno un po’ di SPOILER.
Non una quantità eccessiva ma qualcosetta sì, perché altrimenti non si riesce ad intavolare un discorso sensato.
E dunque, da dove comincio?
Dall’inizio e l’inizio già non mi è piaciuto perché crea la situazione centrale in modo troppo pretestuoso.
Una giovane coppia vive in una grande villa isolata. Lei (Jennifer Lawrence) ha ricostruito la villa pezzo per pezzo dopo che era stata distrutta da un incendio.
Lo ha fatto fondamentalmente per amore. Perché era la casa in cui Lui (Javier Bardem) era vissuto da bambino. Lui è un poeta/scrittore/artista. Lei vuole plasmare una casa perfetta, un paradiso dove Lui possa creare in pace. Lui sente il bisogno di evadere da quell’isolamento dorato. Lui cerca nuova vita e la cerca negli altri. Nelle persone.
Detta così non pare neppure tanto peregrina l’idea che Lui si faccia trascinare dall’entusiasmo e inviti un perfetto estraneo – finito per errore a bussare alla loro porta – a dormire nella casa.
Il problema è che la velocità con cui questo succede e la scarsità dei dialoghi vanno a discapito della plausibilità.
Allo stesso modo la velocità con cui la situazione degenera e l’estraneo da ospite diventa invasore è eccessiva per riuscire ad entrare realmente nella storia.
Per tutta la prima parte, per così dire, si rimane fuori dalla storia perché è troppo scoperto il meccanismo con cui si vuole creare la situazione cruciale.
Poi c’è una parte centrale che è quanto di più vicino ci sia all’essermi piaciuto. Nonostante l’inizio respingente ed eccessivamente artefatto, fa finalmente la sua comparsa la sospensione dell’incredulità e si viene coinvolti nella situazione paradossale di lei, presa in mezzo tra un marito che continua a portarle gente in casa e degli ospiti sempre meno gestibili.
Lo sconosciuto (Ed Harris) è stato raggiunto da sua moglie (una strepitosa Michelle Pfeiffer) e la connotazione della loro presenza cambia gradualmente attraverso un crescendo di piccoli atti di prevaricazione. Viene trasmessa benissimo la sensazione di impotenza di Lei. Quella sensazione di panico e frustrazione di quando nei sogni non riesci ad urlare. Il senso fortissimo di violazione dello spazio intimo della casa, dei luoghi privati delle abitudini quotidiane.
Ci sono, anche in questa seconda parte, degli elementi che lasciano dei dubbi – per dire, Lei sembra davvero troppo apatica di fronte agli eventi e Lui, per contro, troppo condiscendente, come se ci fosse qualcosa sotto. Lei prende una strana medicina e ha visioni di un cuore pulsante che si riduce in cenere e in alcuni momenti pensavo che andasse a parare sulla soluzione di un suo stato allucinatorio di qualche tipo. Lui è troppo condiscendente verso la situazione che si crea in casa con gli ospiti, per quanto assurda. Sembra che nasconda qualcosa. A tratti ricorda la condiscendenza di Guy, il marito in Rosemary’s Baby, con la sua eccessiva tendenza a giustificare i comportamenti invasivi dei vicini.
E però, nonostante tutte le riserve si pensa che, dopo tutto, si stia andando in qualche direzione.
E invece no.
Perché dopo un crescendo di tensione improvviso, lungi dal risolversi o dall’evolversi, la situazione vira bruscamente e passa su un piano inequivocabilmente allegorico/simbolico che si estende retroattivamente anche a tutto il resto del film.
In questa terza e ultima parte, la summenzionata sospensione dell’incredulità fugge disperata dalla sala e tu rimani lì, ad osservare con distaccata perplessità il susseguirsi di eventi sempre più grotteschi e paradossali, chiedendoti quand’è che Aronofsky si è trasformato in Lynch.
Sì, l’ultima parte sembra davvero un film di Lynch. E, a scanso di equivoci, per quel che mi riguarda NON è un complimento. Tanto più se non sei Lynch.
In un tripudio di urla, sangue, devastazione, delirio da fanatismo religioso e rituali pseudo-pagani, una Jennifer Lawrence che nel frattempo è rimasta incinta ed è ormai prossima al parto, si aggira alla disperata ricerca di un rifugio che non esiste, evocando immagini femminili su sfondo bellico dai tratti quasi primordiali/archetipici.
La recitazione della Lawrence è volutamente e chiaramente divisa in due. Per due terzi del film è una maschera di cera. Immobile. Impassibile. Al massimo vagamente incredula di fronte a ciò che accade ma mai realmente coinvolta. Nell’ultima parte esplode e condensa tutta la potenza espressiva che prima mancava.
Da un punto di vista strettamente tecnico non si può dire che il buon Darren non abbia mestiere e la cosa si vede. I ruoli di Lui e di Lei sono tutt’altro che facili e sono interpretati più che egregiamente.
Gigantesca allegoria, traboccante metafora di un’esigenza di creazione artistica che portata all’estremo non lascia dietro di sé altro che distruzione. Incarnazione del demone della creazione, per cui niente è mai abbastanza e nella sua folle e compulsiva ricerca di altro travolge tutto ciò che si trova sulla sua strada. Casa, famiglia, amore, figli. Anche la sua stessa Musa. Simbologie di archetipi femminili come se piovesse. Moglie, madre, musa, casa.
Non è un horror – anche se in molti elementi strizza l’occhio al canone (cosa che peraltro già si accennava nel Cigno Nero) – non è un thriller, non è una storia d’amore e di arte.
Cupa descensio negli abissi della spinta creativa e degli istinti primordiali.
Non è insensato, non è sciatto e non è ‘fatto male’, se mi si passa il virgolettato che pure tanto detesto.
Ma allo stesso modo non è riuscito. L’insieme non è ben amalgamato. E’ caotico ma non travolgente. Ambizioso ma non all’altezza delle sue pretese.
Mi dispiace, perché Aronofsky è un regista che ha fatto cose meravigliose e cose diciamo normali ma dal quale comunque mi aspettavo un buon livello.
Volevo davvero che mi piacesse.
Mi è piaciuta la casa. Quella sì. Ma per il resto si è rivelato una grossa delusione.
Cinematografo & Imdb.
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