Come dicevo la scorsa settimana, mi sono avvicinata a questo film se non proprio prevenuta, quanto meno timorosa dato il mio rapporto con Lanthimos non esattamente idilliaco.
Detto ciò, se Lobster mi era piaciuto senza esagerazioni e il Cervo Sacro mi aveva suscitato odio profondo, con La Favorita andiamo invece a raggiungere il picco opposto di esaltazione coprendo così tutte le variabili e lasciandomi ancora più confusa nell’inquadrare il regista greco.
In parole povere La Favorita è davvero un gran bel film e ne ho adorato ogni dettaglio.
Siamo nel Settecento e seguiamo le vicende – parzialmente ispirate a fatti reali – della Regina Anna e della sua fedele consigliera e dama personale Lady Sara Churchill.
Quello di Sarah è un ruolo di grande potere. E’ intimamente vicina alla Regina e conosce e – soprattutto – influenza ogni sua decisione, manovrando abilmente la politica anche in modi non propriamente patriottici.
Quando però a palazzo arriva a servizio la giovane Abigail, lontana cugina di Sarah, caduta in disgrazia per avverse vicende, la posizione di Sarah al fianco della regina viene gradualmente messa in discussione.
Ad Anna piace Abigail. Perché è gentile. Perché ama i suoi conigli.
Prende gradualmente vita un balletto di potere e prevaricazione che si articola su due fronti, quello della politica vera e propria e quello del palazzo e della camera da letto della Regina.
Un gioco sempre più pericoloso fra tre donne unite irrimediabilmente da quella stessa rivalità che le consuma.
La sceneggiatura – in questo caso non di Lanthimos ma di Deborah Davis e Tony Mcnamara – è un piccolo capolavoro di equilibrio e ironia e dosa bene gli espedienti anacronistici che sono abbondantemente presenti.
Dalle stoffe dei vestiti, ai balli e – soprattutto – al linguaggio e ai modi delle interazioni personali, abbiamo un continuo inserirsi di elementi chiaramente fuori contesto ma non così tanto da diventare essi stessi rappresentativi dello spirito del film. Quel tanto che basta per dare quel tocco di surreale e, a tratti, anche grottesco che tanto è caro a Lanthimos e che gli riesce particolarmente bene.
Cast strepitoso, con Olivia Colman già premiata col Golden Globe e ora in corsa per miglior attrice protagonista agli Oscar, che regala un’interpretazione memorabile di questa Regina Anna stanca, insicura e sofferente. Una Regina bambina, quasi, cui le cose vanno spiegate con calma e dolcezza. Una Regina ferita e dolente e, soprattutto, sola, di quella solitudine che accompagna irrimediabilmente il potere.
Rachel Weisz e Emma Stone, nominate entrambe come miglior attrice non protagonista, sono impeccabili, glaciali e di enorme intensità. In particolare Emma Stone trovo che sia di una bravura quasi imbarazzante.
Ruoli maschili deboli. Gli uomini – detentori del potere per eccellenza – sono per lo più sciocchi e manipolabili al punto da diventare, in alcuni casi, involontarie caricature di se stessi. Ottimo a tal proposito Nicholas Hoult, nel ruolo di uno stucchevole parlamentare.
Un quadro spietato, gelidamente ironico e anche sinceramente divertente della politica e dei suoi retroscena in uno scorcio di Settecento attraverso le note irriverenti di un linguaggio sboccato e di battute libertine. Un gioco morboso e ambiguo in cui il richiamo a Kubrick di Barry Lyndon è inevitabile – oltre che per le volute inesattezze cronologiche e le riprese a luce di candela.
Con dieci nominations La Favorita è quindi uno dei due candidati principali dell’edizione di quest’anno e, nel complesso, giudicherei queste candidature più che ampiamente meritate.