Non sono mai stata una grande amante di Bertolucci. Ho apprezzato diversi suoi film e ne riconosco l’indubbia bravura ma raramente mi sono trovata entusiasta. Con due eccezioni: Ultimo Tango a Parigi e The Dreamers. Sono perdutamente innamorata di questi due film.
Dell’Ultimo Tango parlerò quando riuscirò finalmente a recuperarne una versione decente in dvd.
The Dreamers. 2003.
Avverto che parlerò ampiamente del finale – anche se non penso che possa rappresentare un problema per chi non l’ha visto dal momento che non è un thriller e l’assassino non è il maggiordomo.
Innanzi tutto non è un film sul Sessantotto. Indipendentemente da tutto quello che hanno detto critiche e recensioni. Tutto il lancio è ruotato intorno alla dicotomia rivoluzione per le strade/rivoluzione a letto, come se quello che vivono i tre protagonisti fosse una sorta di risposta al contesto sociale. Mio modesto parere è che non c’è niente di più riduttivo, sbagliato, avvilente di questa prospettiva.
La trama pura e semplice. Siamo nella primavera del Sessantotto a Parigi. Matthew è un giovane californiano che ha la fortuna di frequentare l’università in Europa anziché andare a farsi ammazzare in Vietnam. Appassionato (malato) di cinema, forse un po’ ingenuamente travolto dal fascino dell’ambiente culturale francese, nel mezzo delle prime contestazioni a seguito della cacciata – da parte del governo – di Henri Langlois dalla Cinémathèque française si imbatte in Theo e Isabelle. Fratello e sorella (gemelli), carismatici e affascinanti, provenienti dall’alta borghesia colta, che coinvolgono Matthew nel loro particolare rapporto. Lo invitano a trasferirsi da loro, tanto i genitori vanno via, e comincia una sorta di gioco a tre fatto fondamentalmente di sesso, cinema e (soprattutto) dosi enormi di autoillusione anche se in forme diverse. Un gioco che ovviamente non può durare a lungo per l’estrema fragilità degli equilibri che richiede e che vira sempre di più verso l’autodistruzione.
Il Sessantotto c’è ma è più che altro una cornice. La rivoluzione ha anche un ruolo, alla fine, ma non quello che le si è voluto attribuire.
Il fulcro di The Dreamers è fondamentalmente Isabelle e la relazione incestuosa in cui è coinvolta con suo fratello Theo. Relazione che tutto è fuorché atto di spregiudicata ribellione o provocatoria dichiarazione di libertà.
Isabelle è vittima della relazione con Theo al quale è morbosamente attaccata, dal quale è praticamente dipendente in tutto e per tutto in quanto rappresenta per lei l’unica via di fuga, l’unica salvezza da quella che si intuisce essere la relazione con il padre. La relazione tra Theo e Isa è la conseguenza di un abuso da parte del padre. Questa cosa non è mai esplicitata ma ci sono almeno due punti chiave in cui il dubbio viene insinuato in modo più che prepotente: l’inquadratura della mano del padre sul fianco di Isa quando lei si avvicina per presentargli Matthew. Non c’è nessun’altra motivazione che giustifichi la telecamera ferma su quella mano. E’ la sensazione – che prova Matthew stesso anche se non sa perché – di qualcosa che non va. Qualcosa di sbagliato. Quella mano e il modo in cui Isa avverte suo padre che non sono soli. Altra scena chiave da questo punto di vista è verso la fine, quando i genitori rientrano e trovano i tre nudi nella tenda in soggiorno. Lo sguardo del padre non è uno sguardo paterno. Il dolore che si dipinge sul suo volto è quello di un amante tradito. E’ gelosia quella che prova vedendo Isa tra Matthew e Theo. E’ la sensazione bruciante della sconfitta, oltretutto subita per mano di suo figlio, con il quale è in aperto conflitto.
Le implicazioni che sia aprono con questa prospettiva sono complesse e drammatiche.
Isabelle rappresenta il terreno di scontro simbolico e (soprattutto) fisico tra padre e figlio. E’ il campo di una battaglia generazionale persa in partenza dal momento che l’unico modo che Theo trova per affermarsi ed esternare il profondo disprezzo che prova per il padre è quello di sostituirsi a lui.
Con queste premesse possiamo tornare a parlare di rivoluzione.
Se The Dreamers è un film sulla rivoluzione lo è nella misura in cui ne rappresenta il fallimento, la vuota sostituzione di uno slogan con un altro, il vuoto accanimento su questioni di principio. Con esiti peraltro distruttivi per chi in questa rivoluzione si trova coinvolto suo malgrado.
Allo stesso modo in cui, nella scena finale, quando la rue est entrée dans la chambre, e i tre scendono finalmente in strada, diventa palese l’inutilità della rivoluzione nel momento in cui Isa, senza quasi esitare, abbandona Matthew e sceglie Theo. Non c’è nessuna rivoluzione che possa salvare lei. Non cambierà mai niente.
Il personaggio di Isabelle è di una complessità e di una delicatezza struggenti. E’ commovente come Marlon Brando che si rannicchia in posizione fetale alla fine dell’Ultimo Tango. E’ un capolavoro. Tutta la sua sicurezza, le sue pose un po’ eccentriche e dominanti, non sono altro che una maschera, un gioco, un modo come un altro per non pensare, per non guardarsi allo specchio. Per nascondere e tenere a freno il terrore. Terrore che i genitori (leggi il padre) possano scoprire di lei e Theo. Terrore che con Theo possa non essere per sempre, perché lei non ha mai conosciuto altro modo di vivere. Non è mai uscita con un ragazzo. Non ha mai fatto niente senza il permesso di Theo.
In tutto ciò il ruolo di Matthew non è subito definito. Fin dall’inizio c’è la sensazione che non sia del tutto chiaro il perché Theo e Isa lo vogliano coinvolgere. Anche perché ci sono diversi punti in cui all’impulsivo e ingenuo trasporto di Matthew, Theo risponde con una controllata freddezza che fa trapelare una sorta di sopportazione. La funzione di Matthew si chiarisce con la penitenza sull’indovinello di Scarface. La relazione tra Theo e Isa ha comunque un limite fisico. L’unico modo che Theo ha per fare l’amore con lei – ancora vergine – è quello essere lui a scegliere chi, come e quando. E di essere presente.
La scena in cui Matthew e Isabelle fanno l’amore sul pavimento della cucina (e soprattutto il modo in cui ci si arriva) mentre Theo un po’ controlla e un po’ prepara le uova per tutti, è una delle più esplicite di tutto il film ed è costruita – come tutto il resto del film – in modo impeccabile. The Dreamers non è esattamente un film erotico ma ha molte scene erotiche, e tuttavia non ci sono neanche dieci secondi in cui queste scene siano disturbanti, volgari o inadatte.
Bertolucci è riuscito a creare una dimensione di perfetto equilibrio di bellezza, erotismo, decadenza e dolore. A partire dall’ambientazione. La casa in cui si svolge quasi tutta la storia è un capolavoro, con la sua antichità, il suo lusso decadente e i suoi corridoi labirintici.
I tre protagonisti. La scelta non avrebbe potuto essere più azzeccata. Al di là del mio sconfinato amore per Eva Green, sulla quale non posso che enumerare una sfilza di aggettivi terminanti in -issima, anche Micheal Pitt e Louis Garrel sono molto adatti al ruolo sia come recitazione sia fisicamente, in un contesto in cui la fisicità è protagonista essa stessa (restano le mie preoccupazioni su come abbiano potuto non beccarsi una bronchite dal momento che sono nudi e fumano per tutto il film).
E poi. The Dreamers è anche una lunga dichiarazione d’amore per il cinema.
E’ zeppo di citazioni verbali e visive di grandi film che hanno fatto la storia del cinema. Theo e Isabelle coinvolgono Matthew anche in un gioco di indovinelli che consistono nel mimare scene di film e riconoscerli. Le scene riprodotte dai ragazzi sono alternate con quelle originali dei film di volta in volta menzionati. Fantastica l’idea di battere il record di Bande à part di Godard attraversando di corsa il Louvre. Una delle scene più belle di tutto il film.
Lo so, ho già scritto un poema, ma aggiungo ancora l’elenco dei film citati perchè merita.
Il corridoio della paura 1966, Sam Fuller
Fino all’ultimo respiro 1959, Jean-Lu Godard
La regina Cristina 1933, Rouben Mamoulian
Il cameraman 1929, Buster Keaton
Luci della città 1931, Charlie Chaplin
Cappello a cilindro 1935, Mark Sandrich
Bande à part 1964, Jean-Luc Godard
Freaks 1932, Tod Browning
Venere bionda 1932, Josef von Sternberg
Scarface 193, Howard Hawks e Richard Rosson
Gangster cerca moglie 1956, Frank Tashlin
Mouchette 1966, Robert Bresson
Cinematografo & Imdb.
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