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Archive for the ‘T. O’Quinn’ Category

1985. Stephen King si dedica alla sceneggiatura del suo Cycle of the Werewolf, romanzo breve  pubblicato per la prima volta nel 1983, costituito da un collage di piccole storie autonome ma legate dal comune denominatore del lupo mannaro.

Regia di Daniel Attias, cineasta dalla carriera quanto mai scarna ma ritornato prepotentemente all’onor del mondo con la sua partecipazione a quella meraviglia di True Detective (prima stagione).

Cast tecnico assai vario, con una cospicua componente italiana per quel che riguarda scenografie, fotografia ed effetti speciali.

Cast artistico che comprende un giovanissimo Gary Busey (per gli amici, il quasi-sosia di Nick Nolte) e Terry O’Quinn prima che precipitasse sull’isola di Lost nei panni di Locke.

Non so se ho visto male io ma non mi è parso di individuare comparsate dello zio Steve.

Un piccolo paesino della provincia americana (chi l’avrebbe mai detto eh?) si trova di colpo afflitto da una serie di morti inspiegabili. Delitti cruenti ed efferati quanto misteriosi. Non ci sono tracce, non ci sono indiziati. La polizia – nei panni dello sceriffo Joe Haller – brancola nel buio e fatica a contenere la rabbia crescente di una popolazione che esige sempre più prepotentemente di farsi giustizia da sé.

A raccontare la storia è la voce fuori campo di Jane Coslaw, che ricorda gli avvenimenti vissuti da lei e suo fratello Marty – più giovane di lei e bloccato su una sedia a rotelle – aiutati dallo zio Red (Gary Busey), reticente a farsi coinvolgere ma suo malgrado costretto ad accettare di far fronte ad una situazione dai tratti surreali.

Allora. Se adottiamo una prospettiva strettamente orrorifca, Unico indizio la luna piena – in originale Silver Bullet (devo dirlo che era meglio? no, non mi par che sia necessario) – non fa paura. Non spaventa neanche un po’.

Perché è molto datato, perché la sceneggiatura è pur sempre di King, perché il nucleo della faccenda è telefonato fin dalla prima scena – e se ciò non bastasse, anche dal titolo e dalla copertina del dvd.

Si sa subito che si tratta di un lupo mannaro.

Non c’é la parte di mistero e di dubbio che accompagna l’entrata in scena della creatura sovrannaturale.

E tuttavia, forse per le stesse ragioni, mi è garbato parecchio.

Sarà il fascino vintage degli anni Ottanta. Gli effetti macabramente grezzi, la sceneggiatura prevedibile. Non so. Sta di fatto che questo filmettino, con la sua fiera essenza trash, è una piccola chicca per gli appassionati sia di King sia dei B-movie horror.

King non comprende tantissimi lupi mannari nelle sue storie ma ha sempre ricordato con affetto e ammirazione I Was a Teenage Werefolf, del ’57, e non ha mai mancato di sottolineare l’enorme influenza che ebbe sulla sua immaginazione di ragazzino.

Nota per chi, come me, di fronte ad una trasposizione libro-film nutre l’insopprimibile impulso di recuperare sempre i libri d’origine: la versione italiana del Cycle of the Warewolf – pubblicata con la stessa traduzione del titolo usata per il film – su amazon (o anche su altri canali se è per questo) non si trova a prezzi inferiori ai 110 euro e, in alcuni casi, ben superiori ai 200. La versione inglese arriva anche sopra i 300 in copertina rigida ma sul paperback si ragiona un po’ di più e si scende fino a 30/40 euro, che rimane comunque un bel pagare per 130 pagine scarse.

Il che significa che dovrò mestamente impormi di aspettare di imbattermi in canali più fortunati e meno dispendiosi.

Cinematografo & Imdb.

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