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Archive for the ‘A. Fraser’ Category

2027

Ho guardato questo film praticamente per caso dopo averlo lungamente snobbato, prima nelle sale poi in dvd. Un po’ perché i film ambientati a corte non sono in cima alla mia top ten, un po’ per Kirsten Dunst che – nonostante ogni tanto incappi anche in qualche interpretazione azzeccata – continua a non suscitarmi particolari entusiasmi e un po’ perché, banalmente, una volta tolto dalle sale, proprio non ci ho più pensato. Poi è andata che qualche tempo fa mi hanno prestato il dvd e quindi.

Sicuramente non è un brutto film.

E’ – ma è quasi superfluo dirlo – esteticamente un capolavoro di costumi (Oscar 2007, Milena Canonero). E’ perfetto oltre i limiti del maniacale nei dettagli di ogni scenografia e di ogni ambiente. E’ scorrevole e persino divertente in alcune parti. Di certo è un film di ambientazione storica ma non è un film storico. La ricostruzione degli eventi che scandiscono l’esistenza di Marie Antoinette è precisa e coerente ma non è sicuramente quello che interessa a Sofia Coppola.

Il nucleo centrale è la persona di Marie Antoinette e il conflitto che si crea con il personaggio che viene chiamata ad interpretare. Vediamo quindi una ragazzina già viziata e sicuramente ingenua, catapultata – attraverso il crudelissimo e simbolico rito di passaggio nella tenda dove deve abbandonare tutto ciò che è austriaco a favore di ciò che è francese, cane compreso – in un mondo che è l’amplificazione all’ennesima potenza di quello da cui proveniva, un mondo che la affascina, la abbaglia e infine la stordisce, lasciandola annichilita e incapace di incanalare altrimenti il suo malessere, se non continuando a nutrirsi avidamente dell’unica cosa che quel mondo può darle: altro lusso, altri fasti, altra eccentricità.

Vediamo un’adolescente in crisi, incapace di gestire e, prima ancora, di capire il ruolo che le hanno infilato addosso insieme alle parrucche e ai vestiti incredibili. Un’adolescente che manifesta il suo disagio attraverso l’unico mezzo del quale le è concesso disporre, la sua ricchezza. Totalmente disinteressata verso la sua reale (in entrambe le accezioni se mi si passa il gioco di parole di livello in verità piuttosto bassino) posizione e i doveri che essa comporterebbe, non per cattiveria ma per genuina e spontanea immaturità. Un’immaturità dalla quale non esce neanche con il passare degli anni, sicuramente non aiutata dal disastroso e totalmente inconcludente matrimonio che le viene imposto, costringendola all’ennesima fuga tra le braccia di un amante che ha la stessa consistenza – e importanza – delle scarpe, degli accessori, dei tessuti.

Anche in questo caso quello che interessa a Sofia Coppola è l’interiorità. Un’interiorità che indubbiamente soffre ma che non riesce a trovare altro modo per reagire a questo dolore se non quello di cristallizzarsi in un eterno, infantile e infruttuoso tentativo di fuga che si protrarrà praticamente fino alla fine. Marie Antoinette non cresce mai, non matura mai. E’ una creatura fondamentalmente sola e non può che trovare conforto nella gratificazione del proprio ego.

Intento introspettivo estremamente lodevole di per sè, ma – e qui arriva il limite maggiore del film – non sfruttato in tutte le sue potenzialità. La regista avrebbe dovuto osare di più. Staccarsi anche dagli ultimi rimasugli di rappresentazione storica e fare per ogni aspetto del film la stessa scelta che fa per la colonna sonora. Non in tono con l’epoca ma con gli stati d’animo. Abbiamo i Cure, gli Strokes, i New Order. Inserti di musica che ti fanno venire voglia di ibrido alla Moulin Rouge, salvo poi rimanere solo un bel particolare in più, senza andare da nessuna parte. C’era il materiale e, soprattutto, c’era la giustificazione per osare di più, per rendere più rock questa regina bambina, prigioniera nella sua reggia da favola. Invece si rimane sempre un po’ a metà, in bilico tra una rappresentazione che sicuramente si riconosce come diversa da quella convenzionale ma che non osa manifestare fino in fondo questa diversità.

Nel complesso rimane comunque un film gradevole e stilisticamente molto curato. Anche Kirsten Dunst non è male. Sta bene in questa parte, con la sua aria perennemente svampita e l’aspetto di una bambina vestita con i panni dei grandi. Nel cast compare anche Asia Argento in un piccolo – ma ovviamente chiassoso – ruolo secondario.

Cinematografo & Imdb.

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