Xavier Racine è un Presidente di Corte d’Assise dai modi bruschi e dalla reputazione temibile. Ha fama di essere un giudice inflessibile e di infliggere sempre condanne molto severe.
Non si lascia avvicinare, non socializza, ha modi che, da fuori, somigliano un po’ alla misantropia.
E adesso ha pure una bella influenza che, se da un lato lo rende ulteriormente irritabile, dall’altro è una comoda scusa per tenere ancora più a distanza il prossimo.
Comincia un nuovo processo e la giuria popolare viene estratta a sorte.
Niente di nuovo finché il caso non sceglie il nome di Ditte Lorensen-Coteret.
Xavier tradisce un momento di incertezza, un’ombra passa sul volto impassibile e segue la donna con lo sguardo mentre attraversa l’aula per prendere posto.
Il processo comincia e il caso che prende forma attraverso le testimonianze è una brutta vicenda che riporta forti e identificabili gli echi di fatti di cronaca noti e fin troppo reali e uguali a se stessi.
La storia si sdoppia e mentre da un lato la vicenda legale si sviluppa, dall’altro seguiamo Ditte, in compagnia degli altri membri della giuria, e seguiamo Xavier. Che, più o meno maldestramente, segue Ditte.
Si conoscono. O magari si sono conosciuti in un altro momento della loro vita e quello tra Xavier e Ditte è un incontro strano, una storia che prende forma al contrario.
Sicuramente meno commedia di quanto il trailer non voglia far apparire, La corte è un film curato, delicato e toccante. Divertente e malinconico. Molto umano e ricco di spunti interessanti.
Luchini è ottimo come sempre, con quella sua espressività ridotta all’osso e quei suoi occhi che da soli recitano battute intere.
Consigliato.

“L’Hermine” de Christian Vincent