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Archive for the ‘M. Garris’ Category

Restiamo nell’ambito del filone King-per-lo-schermo con questo B (ma anche C o D) movie del 1992 tratto da un romanzo mai pubblicato dello zio Steve – un testo nato molto probabilmente solo come supporto della sceneggiatura.

Sceneggiatura dello stesso King – e già questo definisce i parametri entro i quali ci muoviamo – regia di Mick Garris, poi regista anche de L’ombra dello Scorpione (1994), Stephen King Shining (1997) e Desperation (2006), tanto per rimanere in ambito kinghiano, senza contare altre numerosissime produzioni horror.

Una piccola cittadina della provincia americana. Un giovane di bell’aspetto, Charles, vi si è appena trasferito con la madre.

Questa l’apparenza.

In realtà madre e figlio sono anche amanti, nonché gli ultimi esemplari di una specie antica e mostruosa.

A metà tra mostri e vampiri, questi sleepwalkers si nutrono dell’anima di fanciulle vergini, possono mutare aspetto e modificare la realtà che li circonda. Temono i gatti, che ne riconoscono la vera natura e il cui graffio è per loro letale.

Charles e sua madre devono nutrirsi e per questo si spostano continuamente, hanno il giardino pieno di trappole per gatti e questa volta hanno messo gli occhi su Tanya, una compagna di scuola di Charles. Giovane, carina e presumibilmente pura.

Se non che Charles ha delle esitazioni, Tanya è più sveglia di quanto sembra e c’è un poliziotto che va sempre in giro con il suo gatto, stramberia che si rivelerà estremamente utile per far sì che le cose non vadano esattamente secondo i piani della coppia demoniaca.

Il pacchetto è esattamente quello che ci si aspetta che sia. La trama è prevedibile e il livello degli effetti decisamente basso – ok i tutoni di gomma alla fine sono un po’ oltre il limite dell’imbarazzante, così come la pannocchia-pugnale – però nel complesso non è male.

Forse saranno i ventisei anni ad attribuire fascino vintage alla pellicola, o forse sarà il mio essere di parte per ciò che arriva da King, sta di fatto che questi Sonnambuli non mi sono dispiaciuti, anzi, ho trovato il film onestamente divertente.

Come molti esponenti di pari categoria, è più un horror di nome che di fatto. Ci sono i mostri che danno la caccia alla giovane vergine e c’è del sangue, ergo, horror. Da lì a dire che ci si spaventi davvero è un altro discorso, però noi ci si diverte lo stesso.

Cameo rituale per King, che questa volta è il custode svampito di un vecchio cimitero e – piccola chicca per appassionati – fa la sua comparsata insieme a Tobe Hooper (Non aprite quella porta, Le notti di Salem, Poltergeist, The Mangler) e Clive Barker (Hellraiser, Candyman) in veste di tecnici della scientifica, in una scena che da sola vale decisamente tutto il film.

Nel cast anche Ron Pearlman (che ritornerà a King con Desperation).

E un sacco di gatti.

Cinematografo & Imdb.

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Sono distratta, deconcentrata e con un sorrisetto ebete stampato in faccia. Stamattina ho preso i biglietti dei Muse per giugno a Torino. Capitemi. Prima o poi riacquisterò una qualche forma di dignità. Già sto facendo enormi sforzi per non infestare questo posto con i loro video. E per non mettermi a squittire. E per cambiare argomento. E comunque sinceramente speravo in una red-zone sotto il palco (no tesoro, non diciamo cazzate, tu speravi in un’opzione del tipo “in braccio a Matt/Dom”) ma non l’hanno fatta e quindi mi accontento del prato. Il che non esclude che venerdì monitorerò le prevendite ufficiali per vedere se per caso la aggiungono (e in tal caso, fammi capire, vorresti ricomprare altri biglietti?). E comunque no, non ho ancora cambiato argomento, adesso arrivo. E sì, forse è il caso di inaugurare una nuova categoria per questo genere di sproloqui e nominarla “segni di cedimento”.

Masters of Horror è una serie americana di film per la tv ideata da Mick Garris e andata in onda anche in Italia tra il 2007 e il 2008. Due stagioni composte da mini-film di circa un’ora, diretti da vari registi. Ovviamente horror.

Dario Argento, nelle sue 100 pallottole, di tanto in tanto, ne inserisce qualcuno e capita così che riesca a beccare qualcosa che non ho ancora visto. Nello specifico, ieri sera davano Contro natura di Joe Dante, Il gatto nero e La casa delle streghe di Stuart Gordon. Va detto che mi sono miseramente addormentata a metà del gatto nero per svegliarmi di soprassalto sulla scena in cui Edgar Allan Poe (qui reclutato tra i personaggi) infilza l’occhio del felino, con il mio gatto nero appollaiato sulla spalliera del divano che mi fissava con inequivocabile risentimento. Della casa delle streghe quindi manco a parlarne. Sono riuscita però a vedere Conto natura. Joe Dante. Quello dei Gremlins!! Ok, perdonate i punti esclamativi, ma mi sono sempre piaciuti un sacco, i Gremlins. Prima e dopo lo spuntino di mezzanotte. Un giorno o l’altro ne parlerò decentemente.

Dicevamo. Contro natura – The Screwfly Solution, 2006, presentato anche al 24° Torino Film Festival e tratto dall’omonimo racconto di Alice Sheldon pubblicato nel 1977 sotto lo pseudonimo di Raccoona Sheldon – è un film con una buona idea di base ma purtroppo pochi mezzi e pochi spazi per svilupparla come meritava. Un’epidemia che colpisce solo gli uomini andando a incasinare il meccanismo per cui normalmente istinti sessuali e pulsioni di rabbia, pur avendo una matrice comune, dovrebbero rimanere separati. Il risultato è che tutti i maschi diventano dei pazzi invasati che in preda ad un delirio che, come se non bastasse, predilige le forme religiose per esprimersi, puntano a liberare la terra dalla donna. Alla base ci sono gli esperimenti condotti su un tipo di insetto infestante che la scienza ha tentato di eliminare tramite una sostanza che agisce bloccando l’istinto riproduttivo del maschio al fine di indurre un’estinzione forzata. Qualcuno ha fondamentalmente rielaborato questa sostanza per renderla efficace sull’uomo. O comunque ha applicato lo stesso principio per liberare la terra dal parassita più infestante, ossia la specie umana. Chi e come, non si sa. O meglio si saprà ma in modo piuttosto sbrigativo. Da quando si capisce che la situazione sta precipitando la conclusione diventa fin troppo frettolosa, sprecando tutta una serie di spunti che avrebbero potuto creare situazioni parecchio kinghiane. Anche sulla parte orrorifica si sarebbe potuto osare un po’ di più e in generale si poteva ampliare un po’ la materia di base del racconto.

Nel cast c’è anche Jason Priestley, che non vedevo più in circolazione dai tempi di Beverly Hills, mentre A. Sheldon viene indicata nei credits del film con il nome di James Tiptree Jr.

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