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Archive for the ‘D. Ferretti’ Category

Non sono mai stata né particolarmente pro né particolarmente contro il 3D. L’ho sempre trovato un di più, divertente ma non indispensabile. E sicuramente sopravvalutato, soprattutto se si pensa che non è questa novità assoluta come invece la si presenta – basti pensare agli esperimenti di Hitchcock nel 1954 con Il delitto perfetto, originariamente girato interamente in 3D e uscito nelle sale con solo un paio di scene tridimensionali prima delle quali compariva sullo schermo l’avviso di indossare gli occhialini. Poi, per carità, sotto l’aspetto qualitativo non c’è neanche da fare paragoni, ma questo vale un po’ per tutti gli aspetti tecnici.

Con Scorsese non dico che mi sono ricreduta sull’argomento – continuo ad essere convinta che tra al massimo 2-3 anni la bolla del 3D si sarà sgonfiata del tutto – ma ho assistito ad uno migliori 3D che abbia mai visto finora e soprattutto ad un 3D assolutamente integrato nella struttura del film.

Allo stesso modo in cui nel libro di Selznick le immagini non sono un’illustrazione della vicenda narrata ma parte della narrazione stessa, così l’aspetto visivo del film di Scorsese è un elemento fondamentale e costitutivo. E lo è doppiamente se si pensa anche al genere di storia che viene raccontata. Oltre ad essere una fiaba dal sapore di altri tempi, Hugo Cabret è prima di tutto una lunga dichiarazione d’amore per il cinema. Per la storia del cinema. Per la sua enorme portata creativa, soprattutto alle origini. Per il suo legame affascinante con l’arte dell’illusionismo. Per la sua componente di magia. Forse non è dunque un caso che a cimentarsi in questa trasposizione sia stato proprio Scorsese, da sempre appassionato cultore della storia del cinema, impegnato nel recupero e nel restauro dell’immenso patrimonio della cinematografia degli albori. Posso immaginare che il regista si sia divertito non poco a riprodurre le immagini dei vecchi film, a partire dal treno che i fratelli Lumiére spedirono contro gli spettatori nel 1895. E chissà se si sarebbe divertito anche Geroge Méliès a vedere le riproduzioni dei suoi film – dai fotogrammi colorati a mano! – a partire dal famosissimo Voyage dans la lune (1902), con l’aggiunta dell’ultimo trucco di magia del 3D in quella che risulta al tempo stesso una fusione divertente e un singolare omaggio.

Ottimo cast, con Ben Kingsley, Christopher Lee e Asa Butterfield (Il bambino con il pigiama a righe) molto bravo e molto adatto a ruolo.

Per quel che riguarda le numerose candidature agli oscar, se forse sarebbe un po’ sprecato attribuire la statuetta per la miglior regia a Scorsese proprio per questo film perché saprebbe un po’ troppo di premio alla carriera, di sicuro le nomination tecniche sono ampiamente meritate, soprattutto per quel che riguarda effetti visivi, costumi e scenografie –  ma d’altronde quando spunta fuori il nome di Dante Ferretti parlare di oscar è quasi d’obbligo: sullo sfondo della vicenda di Hugo prende vita una Parigi dei primi anni Trenta struggente e bellissima. Molto meritata secondo me anche la nomination come miglior sceneggiatura non originale, proprio per l’ottima trasposizione del legame tra narrazione e immagini che già caratterizzava il libro.

Qui e qui le solite info.

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