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Archive for the ‘W. Goggins’ Category

Quando l’anno scorso ho visto il primo trailer di questo nuovo Tomb Raider ho ovviamente accolto la novità con la mia consueta buona disposizione d’animo verso i reboot, cioè bestemmiando forte perché porcaputtana l’unica vera e inimitabile Lara Croft rimane Angelina. Punto. E Alicia Vikander mi piace tanto ma con Lara non c’entra un tubo e blablabla via così.

Detto ciò, come al solito brontolo e bofonchio ma poi i film li vado a vedere lo stesso. E meno male.

Perché questo nuovo Tomb Raider ha molta più ragione d’essere di molti reboot in circolazione ed è innegabilmente coerente con la fonte da cui deriva in quanto è tratto da Tomb Raider del 2013, primo capitolo della terza serie di videogiochi di TR ed esso stesso reboot della saga originale (uscito per PS3, Xbox360 e PC).

Reboot per il quale era stato fatto un consistente lavoro di restyling e riammodernamento, per così dire,  della figura di Lara. Una Lara che, in effetti, in questa versione, della Jolie ha ben poco, sia in termini di tette fisico che di carisma.

Non più la Lara supercazzuta, ricca e affermata della prima serie – e quindi dei film del 2001-2003. Non la Lara che spacca il culo a tutti, super sicura di sé e già esperta, ma una ragazzina alle prese con l’eredità del padre e con la sua misteriosa scomparsa.

Non che questa nuova Lara non sia carismatica, ma è un tipo di personaggio parecchio diverso pur senza stravolgere del tutto l’iconografia tradizionale che la contraddistingue e che l’ha resa un mito.

E’ una Lara per certi versi molto più umana.

Poi gli elementi tipici ci sono tutti lo stesso – le armi, le tecniche, gli espedienti di gioco e di azione. Solo, ci si arriva diversamente.

Parentesi,  per chi fosse interessato, oltre al videogioco, c’è anche questo libro qui,che spiega in dettaglio il progetto alla base del reboot, sia in termini di realizzazione tecnica che di ridefinizione del personaggio. Fighissimo. Chiusa parentesi.

Il film di Roar Uthaug è una trasposizione coerente con lo spirito di questo lavoro e porta sullo schermo la storia della nuova Lara in modo incredibilmente fedele, sia per quel che riguarda gli aspetti visivi – attrezzature, ambientazioni, movimenti (ogni volta che Alicia rimaneva attaccata ad una sporgenza con una sola mano mi veniva istintivamente da schiacciare il quadratino del controller della PS per non farla cadere) – sia per la trama che, pur con le dovute modifiche per farne un film, presenta tantissimi punti in comune sia con TR 2013 sia con il successivo capitolo Rise of The Tomb Raider – uscito nel 2014 e che al momento sto giocando su PS4 – mentre le trame dei due primi film non riprendevano direttamente le storie dei videogiochi ma ne sviluppavano di analoghe ma indipendenti – e se aggiungo ancora un trattino o una parentesi potete abbattermi.

Per chi conosce i videogiochi c’è sicuramente una parte di divertimento in più perché è veramente un grande cosplay super curato in ogni particolare – la scena dell’aereo arrugginito è fighissima e il livello di dettaglio è davvero maniacale, ciondolo di Lara compreso.

Per chi veda il film senza altri riferimenti, penso che sia comunque un film d’azione divertente pur senza eccessive pretese in termini di complessità.

Nel cast anche Dominic West, Kristin Scott Thomas e Walton Goggins (Venus dei Sons of Anarchy).

Cinematografo & Imdb.

 

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Tre candidature: miglior attrice non protagonista per Jennifer Jason Leigh, miglior colonna sonora per Morricone e miglior fotografia per Robert Richardson, che punta così alla sua quarta statuetta.

L’ottavo film di Quentin Tarantino, come viene diligentemente ricordato anche da trailer e titoli di testa, non delude le aspettative ed è…tarantinosissimo.

E’ nuovo, perché, nonostante abbia già sfruttato l’ambientazione western, si diverte a sperimentare un’impostazione teatrale per lui inedita, ed è intrinsecamente e inconfondibilmente suo nei metodi, nelle trovate e nelle autocitazioni.

Un emporio nel nulla profondo del Wyoming. La guerra civile finita da poco.

Una bufera di neve che impedisce di viaggiare e una diligenza costretta a fermarsi.

A bordo della diligenza ci sono due cacciatori di taglie, uno, il #1 Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), nero, ex ufficiale dell’esercito nordista, l’altro, #2 John Ruth il Boia (Kurt Russel) bianco, con la sua taglia viva incatenata al polso.

La prigioniera è Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) e vale diecimila dollari.

Insieme a loro viaggia, per una serie di fortuite circostanze, #3 Chris Mannix (Walton Goggins), sedicente sceriffo della cittadina di Red Rock, che tutti stanno cercando di raggiungere.

A guidare la diligenza c’è #4 O.B. (James Parks).

Tappa obbligata dunque all’emporio di Minnie. Ma Minnie non c’è.

C’è però #5 Bob (Demiàn Bichir), un messicano che la sostituisce.

E ci sono degli altri viaggiatori, anche loro bloccati dalla tormenta.

Un veterano sudista, #6 Generale Sanford Smithers (Bruce Dern), #7 Oswaldo Mobray (Tim Roth), un boia, e #8 Joe Gage (Michael Madsen), che sta andando a trovare la mamma per Natale.

La porta si chiude (seppur con qualche difficoltà). La scena è completa.

L’impostazione, come si diceva, è quella di una pièce teatrale.

Un po’ dieci piccoli indiani, anche se solo in apparenza.

Dialoghi fittissimi e retroscena che gradualmente prendono forma.

Tutti hanno una storia che li ha condotti lì.

Non tutti dicono la verità sul perché sono lì.

Suddivisione per capitoli e intervallo in mezzo che divide nettamente un primo e un secondo atto.

La prima parte è costruzione. La seconda parte è sangue.

C’è del caffè sulla stufa e una partita a scacchi lasciata a metà.

C’è una lettera di Abramo Lincoln e una guerra civile che riprende forma nello spazio angusto dell’emporio.

Tanto sano odio per i razzisti schifosi, sparatorie in stile Le Iene e molte altre gratificanti autocitazioni. Sangue abbondante e anche questo in stile Quentin, da Pulp Fiction a Kill Bill. Non è propriamente splatter, quello di Tarantino, è una sua declinazione del macabro che ha sempre molto di ironico.

Veloce, cattivo, geniale, divertente. Non ti lascia tirare il fiato neanche un secondo.

Jennifer Jason Leigh è fantastica nel suo ruolo di donnaccia bastarda che ne passa di tutti i colori (Quentin non è contento se non massacra un po’ le sue attrici). Si merita in pieno la candidatura e non mi dispiacerebbe se vincesse.

La colonna sonora di Morricone…mah. Ci ho fatto particolarmente caso proprio perché sapevo che era di Morricone e che era candidata, ma onestamente non mi ha esaltato in modo particolare. Bella, certo, ma non così memorabile, ecco. Mi sa più di riconoscimento alla carriera (il secondo peraltro, visto che l’Oscar alla carriera vero e proprio l’ha ricevuto nel 2007) con particolare significato per il fatto che questa colonna sonora è stata composta appositamente per Tarantino (che di solito riciclava brani di Morricone di altri film).

Ruoli minori anche per Channing Tatum e l’immancabile Zoë Bell.

Da vedere assolutamente.

Cinematografo & Imdb.

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