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Archive for the ‘Vetar/Wind’ Category

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Vetar/Wind. Regia di Tamara Drakulic. Serbia. Tra i film in concorso.

La lunga, lenta e solitaria vacanza di Mina, che deve accontentarsi di stare con suo padre e di trascinare le sue giornate lungo le spiagge semideserte di un piccolo angolo di Montenegro. Gradualmente prende forma l’amicizia con un ragazzo che fa surf da quelle parti e – forse – anche con la sua fidanzata.

Capricci adolescenziali, segreti che coinvolgono un po’ tutti, indipendentemente dall’età.

Non mi è dispiaciuto ma non mi ha neppure entusiasmata. Ha un taglio più documentaristico che narrativo e di certo questo contribuisce a dare risalto all’ambientazione che, attraverso l’ottima fotografia, diventa quasi vera protagonista.

Siamo alla foce del fiume Bojana, al confine tra Albania e Montenegro, una zona naturalistica protetta, in particolare per quanto riguarda l’avifauna, e caratterizzata da lunghe spiagge sabbiose e paesaggi di suggestiva bellezza.

locandina

The Arbalest. Regia di Adam Pinney. USA. Sezione After Hours.

Foster Kalt è un solitario ed eccentrico milionario che ha raggiunto fama e denaro con l’invenzione di un giocattolo, una sorta di cubo di Rubik, e che ad un certo punto ha semplicemente smesso di parlare. Di raccontare la sua storia, di rispondere alle domande dei giornalisti e così via. Fino a quando non decide di rompere questo voto del silenzio e di rivelare una volta per tutte com’è andata realmente.

Una via di mezzo tra thriller e commedia pulp, costruito in modo impeccabile, quasi maniacale nell’ambientazione meravigliosamente anni Settanta e nella caratterizzazione dei personaggi, fitta di richiami ma non eccessivamente ammiccante.

Divertente e originale nel complesso. Peccato solo un difetto, neanche troppo piccolo. E cioè che la trama non è all’altezza di una costruzione così curata. La risoluzione lascia un senso di incompiuto e quel retrogusto fastidioso di un’occasione un po’ sprecata che la scusa del surreale non basta a mitigare.

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Apprentice. Regia di Junfeng Boo. Singapore. Sezione TorinoFilmLab.

Aiman è un giovane agente di polizia penitenziaria – o quello che è il suo equivalente in Malesia. Viene trasferito in un carcere di massima sicurezza, dove si trova a conoscere il boia che molti anni prima giustiziò suo padre per omicidio.

Aiman non usa il cognome del padre, nasconde il suo passato, vorrebbe liberarsene e impiega tutte le sue energie per dimostrare – a se stesso forse più che agli altri – che la sua vita non segue le orme lasciate da suo padre.

Per una serie di circostanze più o meno fortuite, il ragazzo diventa l’assistente e l’apprendista dell’anziano boia e la situazione si complica fino all’estremo, inevitabile momento in cui non è più possibile evitare di scegliere.

Un tema cupo e delicato trattato con enorme sensibilità ed equilibrio, senza eccesso di dramma. Un film asciutto. Essenziale. E per questo estremamente efficace nel veicolare la complessità del tormento interiore che Aiman deve affrontare.

La ricerca di un’identità libera dall’ombra di un passato che continua a tentare di soffocare il presente. Il pensiero angosciante, in sottofondo, di non avere realmente scelta perché si può essere qualcosa o il suo contrario, ma il legame di fondo non si spezza. L’interrogativo latente su quanto sia o meno lecito, affascinante, terribile, folle il potere di togliere una vita.

Un taglio rapido e pulito e un’impostazione forse più europea che orientale.

Assolutamente degno di nota.

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