Londra, anni Settanta.
Lui è Alan Bennett, il noto commediografo inglese. Lei è semplicemente Miss Shepherd. E vive in un furgone.
Lui si è trasferito da poco a Camden. Lei è conosciuta e non sempre ben tollerata in tutto il quartiere.
Lui vive solo, cercando di scrivere per il teatro. Lei gli chiede la cortesia di poter parcheggiare temporaneamente il furgone-casa nel vialetto di casa sua.
Lui accetta, per qualche settimana. Lei rimane, per quindici anni.
La storia quasi vera (a raccontarla è pur sempre un commediografo e le libertà sono d’obbligo) della singolare amicizia tra Bennett e questa signora dai modi bruschi, dall’igiene carente e dal passato impenetrabile.
Mary Shepherd si porta dietro ricordi da quello che sembra il passato di molte vite. E custodisce un fardello che non riesce a lasciare andare ma che si trascina appresso come i sacchi malconci in cui ammucchia la sua roba. Un fardello che affiora nel nome di Margaret e in una figura misteriosa che si presenta periodicamente a reclamare un tributo.
Alan è mite, chiuso in se stesso, riservato. Miss Shepherd è diretta e sfacciata. Alan parla da solo. Miss Shepherd parla con Dio.
E’ uno strano equilibrio, quello che si crea fra di loro. Fatto di non detti e di una strana forma di compensazione.
Lui è Alex Jennings e lei è Maggie Smith.
The Lady in the Van è adorabile.
Meraviglioso, dissacrante, spassosissimo umorismo inglese allo stato puro.
E’ divertente e delicato. Ed è reso al meglio prima di tutto dall’interpretazione impagabile di Maggie Smith, ma anche da tutto il resto del cast, tra cui spiccano i nomi di Jim Broadbent e Frances de la Tour (no, non sto parlando di Harry Potter anche se può sembrare).
Spero tanto che arrivi nelle sale. Al momento non è ancora prevista una data d’uscita al di fuori del festival.
Cronache dal Festival.
Oggi è il primo giorno che passo interamente in sala. L’unico spettacolo in cui ho avuto un posto libero a fianco è stato quello delle 9 del mattino. Per il resto sale strapiene. E non solo per Maggie Smith, che si sa, richiama. Pure per Under Electric Clouds di non mi ricordo più che regista russo di cui magari parlerò nei prossimi giorni e che non era esattamente la cosa più scorrevole che abbia mai visto. Mi auguro che i dati di afflusso confermino la percezione di un festival che continua a funzionare e che ha veramente tanti film interessanti in programma.