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Archive for the ‘X-Men’ Category

In uscita entrambi nel 2019, anche se non ci sono ancora date precise.

Questo mi ispira veramente tantissimo. E sono super felice per la scelta di Anya Taylor-Joy.

 

Questo mi incuriosisce – e sicuramente sono contenta per il ritorno in casa X-Men visto che mi mancavano un po’ – ma non sono ancora del tutto convinta della scelta di Sophie Turner per Jean Grey. Oltre al fatto che non ho mai amato molto Jean Grey, non sono ancora riuscita a vederla interpretata da un’attrice realmente adatta. E poi continua a disturbarmi che non sia Halle Berry a fare Tempesta.

Poi vabbè, han montato tutti e due i trailer con delle colonne sonore con i controcazzi e questo già li fa sembrare film fighissimi a prescindere.

Detto ciò, sono fiduciosa.

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Ma quanto mi è piaciuto questo Deadpool.

Davvero. Molto più di quel che mi sarei aspettata.

I film Marvel vado a vederli sulla fiducia. Almeno nella maggior parte dei casi. Tolta qualche cazzata esageratamente palese come i nuovi Fantastici 4 o il reboot di Spiderman, credo di aver visto più o meno tutti quelli in circolazione.

E sì, via, parliamo di stereotipi ed eroi fatti in serie ed effetti digitali livellanti e schemi consolidati etc., etc., etc.; e possiamo anche parlare di stravolgimenti dei canoni originari dei fumetti. Va bene.

Però resta il fatto che nella quasi totalità dei casi si ha un risultato sul quale le considerazioni negative vengono a posteriori mentre nell’immediato si esce dalla sala soddisfatti per essersi divertiti.

Morale, la salsa Marvel avrà forse sempre lo stesso retrogusto ma continua a funzionare, quali che siano gli abbinamenti.

Deadpool ha puntato su un lancio un po’ diverso dal solito perché Deadpool è un personaggio un po’ diverso dal solito. Anche in originale, è un po’ ai margini dell’universo Marvel.

Ex mercenario malato di cancro, Wade Wilson accetta di sottoporsi ad un programma che cerca di indurre la mutazione nel corpo di individui non mutanti. Un’organizzazione privata, per così dire, che cerca di creare dei giovani soldati indistruttibili. La stessa che ha messo l’adamantio in Wolverine, per capirci.

Anche Wade muta. E diventa in grado di rigenerarsi. Come effetto collaterale di questa mutazione però rimane orrendamente sfigurato e la pelle di tutto il suo corpo sembra come ustionata.

Wade/Deadpool è una sorta di eroe per caso.

Un antieroe e tutti i costi che spara cazzate in continuazione, agisce per se stesso e parla sboccato.

Un buffone mascherato che si rivolge direttamente in camera di continuo e sciorina battutacce piene di riferimenti a film e personaggi, possibilmente di altri fumetti.

E che continua a rifiutare categoricamente l’offerta di collaborazione degli X-Men della scuola di Xavier.

Rispetto al fumetto hanno fatto parecchi cambiamenti ma rimane comunque un buon lavoro.

Avrei evitato di cambiare l’origine del suo nome (ci ripenso ma continuo a non vederne il motivo) ma ho apprezzato il fatto che abbia mantenuto l’autoconsapevolezza di essere il personaggio di un fumetto – cosa piuttosto rara nel mondo Marvel ma molto significativa nella caratterizzazione.

Anche la portata del suo umorismo da spogliatoio è stata un po’ ridimensionata, cosa che fa riflettere sull’effettiva trasgressività di questo presunto supereroe per adulti che, al di là della facciata, si incastra comunque alla perfezione nel grande quadro Marvel in una sorta di politically uncorrect controllato.

La trama di per sé non è niente di rivoluzionario, anzi. Caduta, risalita, vendetta, gnocca in pericolo da salvare.

A rendere il tutto particolarmente coinvolgente e divertente è la natura stessa del personaggio e la sua comicità spesso grottesca ma assolutamente efficace.

Ad interpretare Deadpool è Ryan Reynolds, che si vedeva già, proprio con questo ruolo, in X-Men – Le origini – Wolverine.

Regia di Tim Miller al suo primo lavoro.

Cinematografo & Imdb.

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In arrivo il 19 maggio.

Per la serie, se in una saga non chiami Apocalypse almeno un capitolo non sei nessuno.

Ma a noi gli X-Men ci piacciono tanto e quindi aspettiamo fiduciosi.

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Io non riesco mai a seguire una serie TV al momento giusto. Vuoi perché non sono skymunita, vuoi perché sono una feticista degli originali e non mi garba scaricare, sta di fatto che arrivo sempre, ben che vada, con una stagione di ritardo sul resto del mondo. Se non a serie direttamente conclusa.

Questo comporta due svantaggi fondamentali.

Uno. Beccarsi dosi letali di spoiler – che per poco che si giri per i socialcosi è fisicamente impossibile evitare tutte le orde di gente che postano gif, citazioni o commenti, alcuni dei quali vorrebbero anche essere spacciati per innocui del tipo “aaawww dall’episodio 3.12 le cose si fanno finalmente interessanti!” con molti ringraziamenti per avermi ammazzato la suspance dei precedenti 11 episodi.

Due. Ritrovarsi inevitabilmente soli e incompresi a fronteggiare i propri raptus di shipping. Nel caso specifico, sto arrivando alla fine dei 4400, che per il resto del globo è finita addirittura anni fa e, al di là del giudizio complessivo sulla serie, che magari esprimerò prossimamente, mi ritrovo con un otp (Baldwin/Collier) del tutto privo del giusto sostegno.

Son cose.

Che poi io sia in un periodo particolarmente acuto perché sto scrivendo una quantità imbarazzante di ff, suppongo abbia il suo peso.

Cosa c’entra tutto questo con il film?

Niente. Se non fosse che per colpa di quei due lì adesso giro pure per il fandom di X-Men (rigorosamente il film).

Seriamente.

Quella degli X-Men è una delle poche serie lunghe tratte da fumetti che continua a migliorare ad ogni nuovo capitolo. Ok, c’era stato il flop dell’ultimo Wolverine: l’immortale, ma, per il resto, su un totale di sette film, non si trova poi molto altro da criticare.

Anzi. Quest’ultimo capitolo, insieme a X-Men – L’inizio costituisce un nucleo che mi sta piacendo anche di più della trilogia iniziale. I primi tre, in proporzione, erano sicuramente più slegati, oltre al fatto che, ovviamente, i protagonisti non avevano tutto lo spessore dei retroscena che ora si conoscono. E poi, detto sinceramente, non mi è mai andata giù del tutto la Famke Janssen nei panni di Jean. Jean è un personaggio cazzutissimo e la Janssen, per quanto esteticamente gradevole in versione total red, non le rende giustizia in termini di carisma.

Anyway. Con DOAFP – perdonate l’acronimo ma se fanno un titolo di sei righe non è neanche colpa mia – riprendiamo esattamente il filo narrativo nel punto in cui si era interrotto alla fine di X-Men – L’inizio. Ma. Non è una ripresa lineare.

Partiamo da un futuro di guerra e di morte e torniamo indietro nel tempo insieme a Logan per cercare di cambiare la storia di Erik/Magneto e Charles/Professor X. E’ necessario che collaborino. E’ fondamentale che siano uniti nel passato se si vuole avere speranza per il futuro.

E già qui la premessa è tutt’altro che banale. Mette in gioco una quantità di elementi da gestire nient’affatto semplice. E, cosa ancora più importante, basa tutto il film, fin dall’inizio, sul presupposto degli spostamenti tra piani temporali. Ora. Quello di saltare avanti e indietro nel tempo potrebbe sembrare un espediente fin troppo facile per aggiustare/movimentare trame che da sole non quadrerebbero. La realtà è che – come immagino di aver già detto anche a proposito di altri soggetti – mettersi a giocare con il tempo è una faccenda dannatamente rischiosa da un punto di vista della sceneggiatura. Le possibilità di incoerenze e, soprattutto, di incastrarsi in qualche loop di logica impossibile da sbrogliare sono enormi. Così come il rischio di cascare malamente su soluzioni arbitrarie per far tornare conti che ormai sono andati per la loro strada. E più sono gli elementi coinvolti, in termini di tempi e di eventi noti da non smentire, più la faccenda si fa delicata.

Bryan Singer – che, oltre ad essere il regista dell’1, del 2 e dell’Inizio, è pure il regista de I soliti sospetti, e scusate se è poco – fa un lavoro più che eccellente. Non c’è una sola incoerenza o una sola falla. Mi sono rivista da pochissimo il capitolo precedente e, davvero, non si è lasciato scappare neanche un dettaglio. I passaggi tra i piani temporali sono fluidi, logici, gestiti benissimo anche dove i tempi si sovrappongono. Anche dove il collasso dell’identità spezzata di Logan sembrerebbe imminente. Vengono fornite spiegazioni per gli avvenimenti ancora in sospeso, si creano gli ultimi collegamenti tra l’Inizio e i primi tre film, senza tralasciare i particolari forniti sulla storia personale di Logan. I piani narrativi si allontanano e mantengono la loro rotta per poi convergere in modo fluido e privo di sbalzi.

Trama impeccabile, ritmo serrato, personaggi connotati e interpretati benissimo. Tutti i tasselli di un puzzle complicato che vanno al loro posto.

Raven/Mystica (Jennifer Lawrence), manco a dirlo, uno dei miei personaggi preferiti da sempre, alla quale viene resa ampiamente giustizia in termini di importanza e approfondimento. Il suo ruolo tra Erik e Charles è essenziale.

E loro. Erik e Charles. James McAvoy e Michael Fassbender. Che se la coppia McKellen/Stewart funzionava meravigliosamente, questi due qui si confermano la loro degnissima versione giovanile.

Il loro rapporto ancora più complicato, doloroso, insondabile. Il loro legame che è al tempo stesso condanna e salvezza.

Le loro partite a scacchi.

Che detta così sembra una stronzata ma su quella cacchio di partita a scacchi (e su un paio di battute che la precedono, per dirla tutta) Singer si è perso metà del fandom che è a) morta di infarto b) ha iniziato una partita a scacchi con chiunque fosse a portata di mano c) benché sopravvissuta, da quel punto in poi non ha seguito più un cazzo con buona pace della solidità della trama. McFassy rules, poco da fare.

E poi Logan. Che, per quanto scontato, continua ad essere un gran personaggio. Poi vabbé, se qualcuno potesse dire a Hugh di smetterla di palestrarsi la cosa non giungerebbe sgradita.

Effetti speciali ovviamente ben fatti e ben dosati. La faccenda delle sentinelle sarà forse persino un po’ facile come espediente ma in definitiva regge ed è sfruttata più che bene.

Decisamente, finora è la trasposizione Marvel meglio riuscita che ci sia in circolazione. Forse solo Iron Man avrebbe potuto essere all’altezza come livello se si fosse mantenuto sul registro del primo, cosa che purtroppo non è stata.

Da vedere. Più e più volte.

Sto seriamente meditando una maratona X-Men

Cinematografo & Imdb.

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Rimango perplessa. Diciamo che mi aspettavo qualcosa di più. Qualcosa di meglio. Se non altro perché dopo il completo flop del prequel dedicato a Magneto e Xavier – l’unico che devo ancora vedere e che ho giusto recuperato la scorsa settimana – qui si punta di nuovo tutto sul personaggio più figo della serie. Un po’ come dire, si va sul sicuro.

In realtà il risultato delude per diversi motivi.

E’ un film di transizione. Fondamentalmente serve solo a far saltare di nuovo fuori Wolverine e a preparare il terreno per X-Men – Giorni di un futuro passato in programma per il 2014. E in effetti la cosa più interessante di tutto il film si è rivelato il bonus post titoli di coda che apre al capitolo successivo. E si ha la netta impressione che voglia dire – neanche poi troppo velatamente – bene ci siamo tolti la parte noiosa di spiegazione su come Wolverine ritorna, adesso possiamo di nuovo parlare degli X-Men.

Ecco, un altro aspetto un po’ discutibile è proprio che non sembra un film della serie X-Men, e non tanto perché ruota tutto intorno a Wolverine – anche nel prequel a lui dedicato era così – quanto piuttosto perché viene quasi cancellata la nozione di X-Men sullo sfondo. E’ come se W. venisse ridotto alla stregua di un qualsiasi supereroe al quale viene ovviamente contrapposto un cattivo anche lui dotato di qualche strano potere, perché così vuole la tradizione, ma niente di più. Non si fa quasi cenno alla condizione dei mutanti né ad un contesto più ampio di alcun tipo.

Se da un punto di vista prettamente di regia (J. Mangold) non si possono individuare grosse pecche stilistiche, è invece impossibile ignorare una discreta serie di buchi di sceneggiatura nei quali si rischia di venire risucchiati. La struttura della trama di per sé è abbastanza deboluccia e – cosa che per me è anche peggio – mancano parecchie spiegazioni. Mancano passaggi logici. Le cose succedono a volte senza nemmeno un tentativo di giustificazione – una per tutte la faccenda dell’adamantio nello scheletro di Wolverine: con tutto quel che si era speso a spiegare la complessità e la drammaticità dell’operazione di fissaggio, qui viene trattato come una qualsiasi sostanza in circolazione nel sangue di W., con conseguenti maldestri tentativi di estrazione e passaggio. Non dico oltre per non spoilerare.

Poi per carità, quello che succede si capisce comunque, ma resta un senso di assoluta arbitrarietà che non ti fa mai entrare del tutto nella storia.

Oltretutto, timido tentativo di ricollegare le fila ai capitoli precedenti con l’impiego della visione onirica di Jean e dei sogni concentrici.

Quasi prevedibilmente figo il personaggio di Viper mentre secondo me il migliore resta quello di Yukio. Fanciulla di turno non tra le più significative e Hugh Jackman che stavolta è davvero troppo grosso e mostra palesi segni di invecchiamento.

Nel complesso non posso dire che sia proprio un brutto film, ma di sicuro fino ad oggi è il più deludente della serie (tolto il capitolo iniziale, sul quale però non nutro grandissime speranze comunque).

Cinematografo & Imdb.

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Sono un po’ perplessa nel vedere James Mangold, il regista di Ragazze Interrotte, Quel treno per Yuma, Innocenti Bugie, alla regia di questo film, e, se devo essere sincera  sono anche un po’ preoccupata per il fronte arti marziali – non vorrei una replica di quel che hanno fatto con Batman Begins, ma credo che andrò a vederlo in ogni caso, sperando che non mi stravolgano troppo il personaggio.

Uscita prevista 25 luglio.

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