Due (meritate) candidature per Michael Fassbender e Kate Winslet. Un Globe all’attivo per la sceneggiatura di Aaron Sorkin – anch’esso più che meritato.
Tratto – non so fino a che punto liberamente – da Steve Jobs, la biografia uscita nel 2011 e scritta da Walter Isaacson.
Regia di Danny Boyle che si cimenta nel biopic e ne stravolge il canone creando un film visceralmente connesso con quello che ci sta raccontando.
Un film perfettamente in tono con la filosofia Apple perché è un sistema chiuso e non è user friendly.
E questo, se vogliamo, ha una sua logica perversa.
E’ un film faticoso per certi versi, ma non in senso negativo.
Deluderà sicuramente coloro che si aspettavano la classica biografia che accompagna il personaggio da A a B, con caduta e risalita, incertezza ed ascesa in perfetto stile sogno americano.
E deluderà anche coloro che si aspettavano la celebrazione di un mito o la nostalgica rivisitazione dell’evoluzione tecnologica degli ultimi trent’anni.
Il film di Boyle ha una struttura quasi teatrale, dialoghi fittissimi e pochi cambi scena.
Vengono presi tre momenti cruciali. Le tre grandi presentazioni del Macintosh nel 1984, del NeXT nel 1990 e dell’iMac nel 1998. Ma il punto non sono le presentazioni in sé, né il loro esito. E’ il dietro le quinte ad interessare Boyle.
Il backstage delle tre più importanti tappe dell’evoluzione del personaggio e della tecnologia Steve Jobs che diventano momenti di convergenza e confronto. Momenti in cui le questioni irrisolte si fanno pressanti e gli errori del passato tornano a chiedere il conto.
Dialoghi fittissimi, dicevo prima, in una continua commistione di pubblico e privato, tecnico ed emotivo. Un alternarsi frenetico, quasi – volutamente – caotico di persone che in un modo o nell’altro reclamano l’attenzione di Jobs e un accavallarsi di flash back gestiti in modo velocissimo, quasi sincopato, in modo da arrivare quasi a sovrapporre passato e presente, come a voler rendere ancora più stretti e inevitabili i collegamenti tra tutto.
L’idea di focalizzare tutto nei backstage dei momenti cruciali è geniale e penso che renda quella di Sorkin una delle sceneggiature biografiche più intelligenti e originali che abbia visto negli ultimi dieci anni.
Fassbender è fenomenale. E’ il centro di tutto, sempre e comunque. E riesce a dare vita ad un personaggio tutt’altro che facile equilibrando perfettamente gli elementi contrastanti. Un personaggio che crea empatia ma che non è simpatico. Dopo questo film, in effetti, Steve Jobs mi sta ancora più sul culo di prima.
Steve Jobs non viene celebrato incondizionatamente, anzi. Ne viene messa in luce l’indiscussa genialità ma emergono anche, fortissime, enormi contraddizioni e anche molta casualità.
Meravigliosa anche Kate Winslet, nel ruolo di Johanna Hoffman, assistente personale e, sostanzialmente, coscienza di Steve Jobs.
Parte minore anche per Jeff Daniels.
Da vedere.