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Archive for the ‘D. O’Brien’ Category

E siamo arrivati al capitolo conclusivo.

Onestamente non pensavo che ci si riuscisse data la scarsissima risonanza di questa trilogia ma evidentemente lo zoccolo duro dei seguaci è riuscito in qualche modo a spuntarla.

O forse qualcuno aveva già firmato qualcosa e non poteva più tirarsi indietro. Vai a sapere.

Comunque.

Per chi si fosse perso i capitoli precedenti, QUI trovate la recensione del primo film e QUI quella del secondo insieme a sproloqui vari sulla trilogia dei libri.

Premesso che ormai è passato parecchio tempo da quando ho letto i libri e non sono più così preparata per un confronto serrato libro-film, mi pare che il film che maggiormente si discosti in termini di trasposizione sia il secondo, mentre con questo terzo capitolo si rientra bene o male nei ranghi narrativi originari.

Diciamo che la misura della distanza tra le due versioni della storia è stata impostata sul secondo film e questo qui viene di conseguenza.

Non volendo entrare troppo nei dettagli, viene sacrificato l’aspetto di complessità di intreccio per quel che riguarda la genesi e la gestione del virus e manca tutto il gioco di ambiguità e ribaltamento delle parti legato anche ad una comunicazione telepatica che qui non compare, ma viene data ampia rilevanza alla parte di azione – che comunque, al di là di alcune mie riserve, è una scelta sensata.

140 minuti di puro action movie dall’inizio alla fine, con una struttura dell’azione serrata, coerente, funzionale alla storia.

Maze Runner – La rivelazione riprende le fila lasciate dal capitolo precedente e non perde neanche un momento in flashback o altri espedienti analoghi. Tira dritto e non prende fiato fino alla fine.

C’è Minho da salvare, mentre un treno lo sta riportando alla WCKD per altri esperimenti. C’è una città che non dovrebbe esistere in un mondo sempre più devastato dal virus e dagli Spaccati. Ci sono gruppi di resistenza e un fiume sotterraneo di ribellione e cambiamento.

Un susseguirsi di colpi di scena, forse non proprio inaspettati – non tutti per lo meno – ma ben congegnati per rendere l’insieme scorrevole e non pretestuoso.

I personaggi sono, come dicevo, forse un po’ semplificati rispetto ai loro originali cartacei, e tuttavia funzionano e, soprattutto, creano empatia, nel bene e nel male.

Il cast è buono e consolidato. Si aggiunge la piccola parte di Walton Goggins (che per me resterà sempre Venus dei Sons of Anarchy). Sempre l’elegante Patricia Clarkson nei panni di Ava Page.

Visivamente molto curato, coinvolgente e divertente, Maze Runner – La rivelazione chiude degnamente una trilogia che ha una vita parallela e indipendente rispetto ai libri e che, in definitiva, è riuscita a sfruttarne al meglio le potenzialità cinematografiche.

Cinematografo & Imdb.

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Non so bene come parlare di questo film perché, ad essere sincera mi ha un po’ spiazzata.

In due parole. Non è fatto male, non è un brutto film. Solo che non c’entra un tubo con il libro da cui viene.

E questo mi porta a fare una cosa che ho rimandato per diverso tempo e cioè dire due parole anche sulla trilogia di James Dashner.

La trilogia dei Maze Runner si compone di

MR – Il labirinto

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MR – La fuga

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MR – La rivelazione

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Ora, non stiamo parlando di niente di particolarmente sopra le righe. Distopico. Action. Teenagers come protagonisti – che ammiccare al young adult non fa mai male. Livello narrativo tranquillamente fruibile ma di certo non elevatissimo. A ciò si aggiunga che la versione italiana presenta un paio di pecche ulteriori. Una è la scelta di tradurre letteralmente la sigla W.I.C.K.E.D. come C.A.T.T.I.V.O. – che sì, ha realmente senso, su questo non posso dir nulla, ma che conferisce al tutto, soprattutto all’inizio, quando non si è ancora entrati nella storia, tratti un po’ troppo infantili. La seconda è la traduzione del gergo dei ragazzi, che è veramente molto invasivo e, in particolare nel primo libro, risulta un po’ fastidioso.

A parte ciò, se si mettono da parte alcuni aspetti un po’ grezzi, abbiamo tre libri che si leggono d’un fiato, una storia intricata ma che funziona perfettamente dall’inizio alla fine e un ritmo serrato che non lascia spazio a niente che non sia azione pura. Come dicevo qualche giorno fa, intrattenimento, nulla di più, ma se è ben fatto non è poco.

Il film del primo Maze Runner – Il labirinto l’ho visto prima di procurarmi la trilogia ma poi, leggendo il libro a breve distanza, ho trovato che la trasposizione fosse piuttosto fedele. Certo, con la consueta dose di aggiustamenti ma tutto sommato attinente. Soprattutto per quel che riguarda il finale, che, di fatto, era la parte più delicata anche in vista della gestione degli sviluppi successivi.

Il secondo e il terzo libro poi li ho letti subito e ricordo distintamente che all’inizio del secondo – che per la cronaca è il mio preferito – dopo i primi capitoli, ho proprio pensato, ‘cazzo questa roba è fighissima, non vedo l’ora di vederla su schermo’.

E invece niente.

Ripeto. Questo secondo film è fatto bene. Ha un buon ritmo, non hanno – come temevo – abbassato il target facendone una roba per ragazzini. Anche visivamente, ambientazioni ed effetti sono di tutto rispetto.

Solo che si racconta un’altra storia.

I sopravvissuti al labirinto sono fuori. In un mondo esterno post catastrofe, braccati da un organizzazione che li vuole usare come cavie, ufficialmente per un bene superiore.

Ora, non voglio spoilerare niente né di una cosa né dell’altra, perché sono sinceramente dispiaciuta dello scarso successo sia dei libri che dei film (quanto meno qui in Italia) e li consiglio davvero a chiunque abbia voglia di passare qualche ora di sano e adrenalinico divertimento.

Mi limiterò a dire che il film parte dal presupposto lasciato aperto nel Labirinto e poi la fa semplice. Si sa dove stanno i buoni e dove stanno i cattivi. Scappa, ammazza, cerca di salvare la pelle. Con tutte le varianti del caso.

Nei libri la parte ammazza&scappa c’è e abbondante ma la chiave è un continuo ribaltamento di prospettive. Non si sa mai davvero chi sta facendo cosa e perché. Non si sa mai, fino alla fine, come sono andate realmente le cose e chi sono i veri buoni e i veri cattivi. Proprio per questo anche la connotazione dei personaggi è estremamente meno univoca e le relazioni che li legano sono più complesse e più ambigue.

Da come Wes Ball ha deciso di dirigere il secondo film, immagino che anche il terzo – previsto per il 2017 se non naufraga miseramente dato che questo mi sa che lo abbiam visto in tre – andrà per la sua strada e che, per forza, sarà ancora più distante dal libro.

Non so. Da un lato mi rendo conto che la trama del secondo e terzo libro è veramente tanto contorta e che sarebbe stato un casino immane portarla letteralmente sullo schermo. Però secondo me si poteva fare una via di mezzo. Semplificare magari un po’ senza però stravolgere l’elemento di ambiguità di fondo. E poi di certo, anche con la trama così come l’hanno fatta, avrebbero potuto riciclare alcune situazioni che sarebbero state visivamente interessanti e comunque molto inquietanti – proprio quei primi capitoli del secondo volume che mi son tanto piaciuti.

Uffa.

Ho passato buona parte del film imbronciata perché alcune cose le volevo proprio vedere.

Ok.

Se lo dico ancora una volta potete abbattermi.

Però cheppalle!

Se qualcuno ha letto i libri si faccia avanti, che mi sento incompresa.

Sempre in relazione ai Maze Runner, esiste anche un altro libro, MR – La mutazione, primo volume di una trilogia prequel della quale il secondo deve uscire negli Stati Uniti il prossimo anno.

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Ho letto anche questo e onestamente qui si sente proprio un po’ troppo la motivazione commerciale. Non mi è piaciuto granché se non per il fatto che chiarisce l’origine di uno dei personaggi principali della saga. A parte questa informazione, che in effetti interessante, per il resto è un libro un po’ inutile.

E bon, già che ci sono, di Dashner adesso si trova in circolazione anche un altro libro, Virtner Runner – Il giocatore.

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Primo di un’altra trilogia The Mortality Doctrine a tema realtà virtuale. Non l’ho ancora letto ma la trama non sembrava male. Mi sono solo incazzata come una iena per il titolo. Avevo trovato una pessima caduta di stile il richiamo ai runner. Marketing di bassa lega. E infatti lo è. Solo che non è colpa del povero Dashner come pensavo, ma di Fanucci, dato che il titolo originale è The Eye of Minds, che tra l’altro è un titolo assolutamente dignitoso.

Ah.

Dimenticavo.

Una curiosità.

Nel cast di MR – La fuga c’è anche Gustavo Fring Giancarlo Esposito. Sììì, quello di Breaking Bad.

Indugiamo in immotivati slanci di contentezza.

Cinematografo & Imdb.

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Sono profondamente convinta della assoluta e totale necessità di una legge che tuteli il diritto inalienabile di ogni individuo a non interrompere la lettura di un libro quando mancano meno di cento pagine al finale.

Echeccazzo. E’ dalla mia pausa pranzo di oggi che devo finire Mr. Mercedes ma l’Universo cospira palesemente contro di me. L’Universo e il lavoro. L’Universo e quella seccante incombenza che è la realtà concreta. L’Universo e io stessa, a dirla proprio tutta. Sembra che lo faccia apposta. Quando c’è qualcosa che voglio assolutamente fare riesco invariabilmente a impelagarmi a fare qualcos’altro. Se qualcuno conosce il nome clinico di questa cosa è pregato di comunicarmelo. Grazie.

E intanto sei qui a scrivere…

Oh, Voce!  Da quanto non ti si sentiva!

Ti sono mancata?

E’ una domanda trabocchetto?

Solo perché non ti va mai bene niente di quello che dico.

Non è vero. Sei tu che hai sempre qualcosa da ridire.

Ci stiamo arenando.

Perché continui a cazzeggiare. Qual è il motivo della tua ricomparsa?

Il film.

Embè? Cos’ha che non va il film?

Non so, forse che è qualcosa come il millemillesimo caso di distopic-teen-survival-movie? (Ho dimenticato qualcosa?)

No, non hai dimenticato niente e sì, è vero, è l’ennesimo caso di tutta quella roba lì. E, se vuoi una mano, possiamo anche aggiungerci un bel young-adult che adesso pare che piaccia proprio tanto. Che poi, detto tra parentesi, la maggior parte dei young-adult non sono altro che una rivisitazione del classico romanzo di formazione, ma se lo diciamo in inglese e cambiamo qualcosetta nella connotazione fa sempre più figo. Chiusa parentesi. E, per continuare il discorso del visto e rivisto, è innegabile che si stia attraversando, per questo genere di film, la stessa fase che ha vissuto il fantasy fino a tre-quattro anni fa. E che, di fatto, riguarda periodicamente un po’ tutti i generi. Va di moda l’horror? Esce un horror ad ogni piè sospinto. Va di moda il polpettone romantico? Idem. E via così. Mode, appunto. E lo stesso vale per il discorso del fare tutto a trilogie. E chi sei, al giorno d’oggi, se non fai almeno una trilogia? Tsè, manco arrivi nelle sale.

Bene. Appurato questo, non è detto che, pur nel genere che va per la maggiore, non si trovi qualcosa di buono.

E questo Maze Runner è buono?

Non è male. Davvero.

Ha delle pecche – che risiedono quasi tutte nel fatto che in molte cose si adagia sugli elementi canonici del genere e quindi risulta un po’ pigro in quanto a originalità – ma nel complesso ha anche dei buoni spunti.

Per dire, se, da un lato, l’idea del sistema forzatamente chiuso e manovrato da un non meglio identificato responsabile è citazione di innumerevoli predecessori – dal Signore delle Mosche ai più prosaici Lost e Hunger Games (già a loro volta citazioni) – l’articolazione di questo elemento nella forma della Radura ha in sé una componente di staticità interessante.

E’ la materializzazione della dimensione atemporale in cui è incastrata la generazione che, sulla carta, dovrebbe rappresentare il futuro. Prima ancora di essere un eventuale test, una prigione, o un esperimento (le opzioni alla fine son poi sempre le stesse) è la totale assenza di speranza. Di motivazione. E’ la mancanza di un passato – non ci sono ricordi=non ci sono riferimenti che arrivino da una storia o da un’eredità culturale – e di un futuro – non c’è via d’uscita. E’ la concretizzazione del rischio che la generazione in questione possa essere l’ultima. Sospesa un limbo eterno di ripetizione priva di scopo.

Il regista, Wes Ball, è un esordiente. Il cast è giovane e pressoché sconosciuto ma comunque se la cava dignitosamente. Le dinamiche relazionali sono parecchio stereotipate, quello sì, ma non al punto da risultare moleste.

Il labirinto è figo, non esagera con gli effetti e le trovate grafiche ma risulta debitamente opprimente e inquietante.

E anche il finale non è da sottovalutare. Come tutti i primi capitoli di una trilogia (ma non solo) apre molte questioni e bisognerà poi vedere come verranno sviluppate. Se tutto quello che viene messo in tavola verrà fatto quadrare o se si perderanno elementi e sottotrame a destra e a manca come nel compianto e già citato Lost. In ogni caso le prospettive per ora sono interessanti e ricche di potenzialità.

Viene voglia di vedere il secondo capitolo e anche di leggere i libri.

Insomma, vado a vederlo?

Fa’ un po’ cosa vuoi. Io vado a finire Mr. Mercedes.

Cinematografo & Imdb.

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