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Archive for the ‘J. Monae’ Category

Il tema del razzismo in questi ultimi anni pare essere tornato in modo particolare sotto i riflettori di Hollywood. E, se da un lato c’è chi lo considera un tema superato, d’altro canto è innegabile come superato non lo sia per niente e ci sia invece ancora bisogno di parlarne su moltissimi fronti.

Detto ciò, ok, le grandi battaglie per i diritti civili le conosciamo tutti e le abbiamo viste tutte. Però.

Però c’è molto che non si conosce.

Quello che non si conosce sono le storie piccole. Le storie nascoste. Le infinite storie di singoli individui che hanno combattuto battaglie personali e grandissime. Vite per lo più dimenticate ma eccezionali in cui ogni tanto si ha la fortuna di imbattersi.

E’ il caso della storia di Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson.

Una storia piccola perché alla fin fine riguarda la vita di tre donne finora praticamente sconosciute.

Una storia enorme perché ha toccato le sorti del programma spaziale statunitense.

Una storia tra i bagni della NASA e la Luna, per così dire.

Anni Sessanta. Katherine, Dorothy e Mary lavorano alla NASA e si occupano del calcolo delle traiettorie in un’epoca in cui gli elaboratori elettronici dovevano ancora fare la loro entrata in scena e tutti i calcoli venivano fatti a mano da decine di uffici dedicati.

Sono donne e sono nere, il che non rende la loro esistenza semplicissima.

Sono gli anni cruciali della corsa allo spazio. Bisogna andare lassù – magari arrivare anche sulla Luna – ma, soprattutto, bisogna andarci prima dei Russi. I tempi stringono, il personale scarseggia e si cercano risorse in tutta l’agenzia, coinvolgendo addirittura la sezione colored, rigorosamente separata da tutto il resto degli uffici.

Katherine si trova catapultata nel cuore delle operazioni ma l’inevitabile riconoscimento delle sue doti matematiche non basta.

Non basta a farle bere il caffè dalla stessa caffettiera dei bianchi.

Non basta a farle usare gli stessi servizi igienici dei bianchi.

Katherine calcola le traiettorie per portare un uomo (John Glenn) nello spazio e farlo tornare sano e salvo ma deve farsi più di un chilometro a piedi per andare in bagno, perché in tutta la NASA c’è solo un bagno per le persone di colore.

L’ambientazione all’interno di quello che dovrebbe essere il nucleo vivo del progresso scientifico dell’uomo rende ancora più acuto e stridente il contrasto con l’idiota ottusità di un razzismo che, nonostante i faticosi passi delle leggi in quegli anni, ancora impregnava profondamente la mentalità comune.

Parallelamente, anche Mary e Dorothy si trovano costrette a dover far delle scelte chiare e inequivocabili per difendere le loro posizioni e vederle riconosciute.

Melfi mette insieme un film delicato e coinvolgente, preciso nella ricostruzione dei fatti, mai stucchevole o sentimentale. Senza concedere nulla a vuoti idealismi, rimane attaccato alla realtà e porta alla luce una storia assurdamente sepolta e di enorme interesse, illuminando il dietro le quinte di un considerevole pezzo di storia americana.

Ottimo tutto il cast, con Octavia Spencer (Dorothy) candidata come miglior attrice non protagonista.

Le altre nomination erano miglior film e miglior sceneggiatura non originale ed è un peccato che alla fine non abbia preso neanche un premio perché è davvero un bel film.

Bel personaggio quello assegnato a Kevin Costner, un po’ meno quello di Kirsten Dunst. Parte secondaria anche per Mahershala Alì (il miglior attore non protagonista di Moonlight).

Basato sull’omonimo romanzo di Margot Lee Shetterly.

Assolutamente consigliato.

Cinematografo & Imdb.

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