Non male. Meglio di quello che mi aspettavo. Nonostante l’ambientazione samurai&Giappone antico non sia esattamente my cup of tea, nonostante il 3D dell’Ariston di Sanremo che è qualcosa di molto vicino al Male Assoluto e nonostante non impazzisca particolarmente per Keanu Reeves.
Alla fine si è rivelato un film più avvincente e gradevole del previsto. Probabilmente – anzi, quasi sicuramente – i puristi del cinema giapponese e delle storie orientali – o magari anche solo chi ne abbia una conoscenza un filo più approfondita della mia – si metteranno le mani nei capelli per un sacco di cose. Anche da non esperta di usanze giapponesi ho notato tutta una serie di elementi che percepivo quanto meno come stonati e forse un tantino troppo occidentali. Però nel complesso il film funziona.
La vicenda è di ispirazione storica e narra dei 47 samurai rimasti senza un signore – e quindi chiamati Ronin – che, disobbedendo ad un esplicito ordine dell’autorità ma fedeli al codice di onore e lealtà delle antiche tradizioni, scelsero di vendicare l’ingiusta morte del loro signore, pronti, per questo, a pagare qualsiasi prezzo.
Ecco, il commento becero che mi girava in testa mentre uscivo dalla sala sogghignando sotto i baffi era che decisamente gli orientali hanno un diverso concetto di lieto fine rispetto agli americani.
Ciò detto, non voglio mettermi a spoilerare.
C’è meno fantasy di quello che sembrerebbe dal trailer. Credo che il personaggio del meticcio Kai (Keanu Reeves) c’entri poco con la storia originale e che – quand’anche vi fosse una componente di leggenda e di stregoneria nella vicenda tramandata – la figura della strega sia stata parecchio amplificata. La vicenda dei Ronin in un certo senso fa da contorno e da pretesto per la storia singola del guerriero mezzosangue.
Visivamente ben fatto (il drago è proprio figo, potevano anche usarlo un po’ di più), dal punto di vista dell’azione è forse un po’ troppo rapido per essere credibilmente giapponese e anche la rappresentazione di tutta una serie di aspetti rituali è forse un po’ troppo affrettata. Ciononostante rimane sufficientemente credibile per non spezzare l’illusione.
I riferimenti – forse dovrei dire i prestiti – prosperano e arrivano un po’ da tutte le parti. Per dirne una, la scena nella caverna per ottenere le spade mi ha ricordato un po’ quella di Aragorn che va a chiedere l’aiuto dei morti.
Il personaggio di Kai è ben riuscito, non eccessivamente eroico, non troppo enfatico e il suo inquietante maestro era parecchio interessante e avrebbe meritato persino un po’ più di spazio e di approfondimento.
Ripeto, in definitiva non è niente male. Da vedere tranquillamente.