Non vedevo l’ora di metterci le zampe, su questo Freak Show.
Lo so, Coven era stata un po’ sottotono rispetto alle prime due stagioni di AHS – fermo restando che a me era comunque piaciuta – però fin da subito ho sentito dire dappertutto un gran bene di questa quarta stagione ed ero ossessivamente curiosa.
E poi c’è l’ambientazione circense – che già di per sé è uno di quegli ambiti di morbosa inquietudine a quali sono particolarmente sensibile.
Sarò molto spoilerosa fin da subito. E’ vero che l’ho scritto anche nel titolo ma è meglio ribadire – poche cose possono appestare una serata come uno spoiler su una serie che si deve ancora vedere.
Non so bene da dove partire.
Magari comincio col dire che le mie aspettative sono state ampiamente soddisfatte e che questa quarta stagione mi è piaciuta parecchio. Fin quasi a metà avrei continuato comunque a dire che Asylum rimaneva la mia stagione preferita. Arrivata alla fine non ne sono più così sicura. Direi che se la giocano. E, oltretutto, non a caso, visto che son riusciti a instaurare un bel collegamento tra le due.
L’impostazione è quella canonica di tutta la serie. Tredici episodi, un contesto che è un sistema chiuso, numero limitato di personaggi e necessaria conclusione.
Siamo in Forida negli anni Cinquanta.
Elsa Mars – Jessica Lange – porta avanti senza troppo successo uno degli ultimi spettacoli di quelli che allora erano definiti fenomeni da baraccone, quando non addirittura mostri.
C’è Jimmy, il ragazzo aragosta – Evan Peters – affetto da ectrodattilia e con le mani simili a due chele. C’è Paul, focomelico. La donna tronco, che cammina sulle mani. La donna più piccola del mondo – Jyoti Amge. L’affasinante Desiree, ermafrodita – Angela Bassett. La donna barbuta, Ehtel – Kathy Bates. Le gemelle siamesi bicefale – Sarah Paulson x2.
Elsa Mars è una manager, una diva, una regina, una madre.
Raccoglie e accoglie intorno a sé i reietti di una società dove la diversità è il male senza possibilità di appello.
Elsa è affascinante e piena di classe. Ha un passato che custodisce gelosamente, un album di ritagli, un rancore mai sopito verso Marlene Dietrich, un armadio delle meraviglie e una valigia di sogni infranti.
Elsa nasconde segreti, come tutti.
E tutti la amano e si fidano. E impareranno a temerla come prima hanno imparato ad amarla.
E poi c’è il mondo esterno, che costituisce una sorta di doppia cornice al sistema chiuso del circo. Una sorta di specchio rovesciato. Un posto che serve a catalizzare ed evidenziare i contrasti e a veicolare la contrapposizione fondamentale mostruosità vs normalità e il suo ribaltamento diametralmente opposto alle apparenze.
Nel mondo fuori dal circo di Elsa c’è Dandy – Finn Wittrock – bambinone squilibrato, psicopatico all’ennesima potenza, che vive con la sua succube madre Gloria – Frances Conroy.
Dandy e Gloria, che sono i veri mostri, a piede libero, nella vasta ombra fuori dal tendone.
Veri mostri come Maggie e Stanley, a caccia di freak da rivendere ad un macabro museo delle deformità.
In una sorta di limbo tra i due mondi, quasi a costituire una triste e terribile figura di passaggio c’è il Clown.
Un clown, manco a dirlo, assassino. Un clown visivamente pensato benissimo e che rientra tra le versioni di clown più spaventose che abbia mai visto.
E qui devo dirlo, meno male che il suo personaggio non dura tutta la serie perché credo che avrei cominciato ad avere gli incubi come mi capitò da ragazzina dopo il mio primo incontro con Pennywise.
In generale, tutti i personaggi sono molto ben costruiti.
Le loro storie passate sono ben articolate e sono coerenti con lo sviluppo delle dinamiche relazionali che prendono forma nel corso delle puntate.
Il tono è – coerentemente con l’impronta di tutta la serie – piuttosto ostentatamente scorretto, anche se qui la cosa ha una valenza forse ancora diversa rispetto alle precedenti stagioni.
C’è un’autoironia che a volte è quasi crudele. C’è del grottesco e ci sono sorrisi di cattivo gusto – come nel caso dell’utilizzo erotico che Jimmy fa delle sue chele.
La storia che ho trovato più disturbante è quella di Elsa e delle sue gambe, tagliate per uno snuff movie.
Anche qui i riferimenti si affollano e si incrociano, tra filmografia di genere – a partire dal capostipite Freaks di Tod Browning (1932) esplicitamente omaggiato e dal quale si mutua il presupposto dell’ambiguità del concetto di normalità – luoghi comuni e autocitazioni.
Dandy è l’incarnazione della malattia che corrode irrimediabilmente l’America. In un corpo statuario e desiderabile si cela l’abisso di un orrore senza logica e senza limiti. Dandy è il futuro Patrick Bateman. E porta l’impronta del male universale di Elizabeth Bathory.
Splatter piuttosto limitato, se si considera la quantità di spunti forniti costantemente dalle situazioni.
Divertente la scena di Esmeralda/Maggie segata in due per davvero – scena quasi dovuta, direi, visto il contesto.
Ben articolato il collegamento cui accennavo prima con Asylum.
All’inizio pensavo che la ripresa del personaggio di Pepper fosse un’autocitazione fine a se stessa ma in realtà viene fuori che Pepper è proprio quella Pepper di Asylum. E veniamo così a conoscere la sua vera storia, fino al ricovero A Briarcliff – dove, tra l’altro, ricompare brevemente Suor Mary Eunice. Ecco, qui se devo dire la verità, non son stati coerentissimi con l’evoluzione di Mary Eunice perché, a rigore, all’arrivo di Pepper a dirigere tutto era Suor Jude, ma pazienza, risulta comunque un collegamento ben riuscito.
Piccole perle le interpretazioni di Life on Mars (all’inizio) e Heroes (alla fine) di Jessica Lange – e ricantare Bowie non è facile come sembra.
Bella anche Come As You Are rifatta da Evan Peters.
Che dire ancora?
Ho detto tutto?
Attori molto molto bravi, dal primo all’ultimo. Curiosa la parte di Sarah Paulson sdoppiata e rimontata insieme. Meravigliosa Angela Bassett.
La Bates è ovviamente un mostro sacro insieme alla Lange ed entrambe sono notevoli.
Piccola parte nelle ultime puntate per Neil Patrick Harris in un ruolo che introduce il campo degli orrori legati in qualche modo alla guerra.
E particina anche per Wes Bentley che veste i panni di Edward Mordake – ispirato all’omonimo personaggio forse realmente esistito ed affetto – sempre con i dovuti forse – da una forma di craniopagus parasiticus – la seconda faccia sul retro della testa.
Molti dei freaks si ispirano a personaggi realmente esistiti e divenuti in qualche modo celebri tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo per la loro diversità. Per dire, anche Jimmy con le sue mani di aragosta si richiama a Fred Wilson, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento.
Bello anche il riarrangiamento del tema della sigla.
Ora posso cominciare a friggere nell’attesa di Hotel – anche se la mancanza di Jessica Lange mi disturba un po’.