No.
Decisamente e categoricamente NO.
Mi dispiace, davvero, dir male di un film di Tornatore ma proprio non posso farci niente.
L’ho talmente odiata, questa Corrispondenza, che l’ho in qualche modo rimossa e mi son pure dimenticata di parlarne.
Lui, Jeremy Irons, è un professore di astrofisica in pensione.
Lei, Olga Kurylenko, è una studentessa di astrofisica.
Lui ha moglie e figli.
Lei, oltre a studiare, lavora come stunt.
Hanno una relazione che, a quanto si capisce, va avanti da parecchio ed è a suo modo consolidata, anche se extraconiugale.
Lui sparisce. Di colpo, senza preavviso.
E l’unica forma di comunicazione restano le e-mail, i messaggi sul telefono, le lettere, sempre nelle stesse buste rosse.
Questo più o meno quello che sarebbe riassumibile senza spoilerare.
Sì, si intuisce che si va a parare dalle parti del tema della comunicazione virtuale, ma, detto così, non rende.
E quindi spoiler.
La realtà è che il film comincia con loro due insieme che si salutano dopo un incontro clandestino e quella, di fatto, sarà l’unica volta in cui li si vedrà davvero insieme.
Perché quel saluto era una sorta di addio.
Perché dopo pochi giorni lei scopre che lui è morto.
Non ci può credere. Ha appena ricevuto un messaggio da lui.
Cerca in giro e tutto conferma la morte di lui.
Però lei continua a ricevere e-mail. Lettere. Messaggi.
Una corrispondenza a senso unico a cui lei non può in alcun modo replicare.
Gradualmente il quadro si chiarisce.
Lui sapeva di dover morire e ha predisposto una programmazione continua di invii di messaggi, e-mail, lettere cartacee e regali. Ha coinvolto diverse altre persone perché preparino i luoghi che fanno parte del percorso indicato nelle sue comunicazioni. Ha predisposto tutto per continuare a vivere accanto alla sua ragazza anche dopo essersene andato.
Ora.
Ci sono diversi livelli.
L’idea è morbosissima ma questo di per sé non sarebbe neanche negativo. L’intenzione sarebbe quella di indagare la natura di una comunicazione spersonalizzata, come è quella dei mezzi digitali, portandola all’estremo in una sorta di amplificazione all’ennesima potenza delle relazioni virtuali.
Le ambientazioni sono curatissime.
La fotografia è ottima e mi ha fatto venire una gran voglia di precipitarmi sul lago d’Orta.
Jeremy Irons è Jeremy Irons quindi non si può dire che non sia bravo. E anche la Olga non è malaccio.
Però niente di tutto questo basta a salvare il film.
E non lo dico solo perché ho odiato il personaggio di Irons.
Un film può avere anche un protagonista detestabile ma essere comunque un buon film, di questo sono più che convinta.
Certo, è un ulteriore aspetto che non ha sicuramente contribuito alla mia buona disposizione d’animo.
Non penso di aver mai voluto tanto uccidere Jeremy Irons.
Non so. Di sicuro c’è anche il fatto che per me il discorso dell’elaborazione di un lutto è un qualcosa di così mostruosamente insormontabile che non riesco neanche a pensare ad un atto di così completa, totale arroganza come quello che compie il personaggio di Irons.
Sai che devi morire e non me lo dici.
Ok. Mi fa incazzare ma è comunque una tua scelta. In qualche modo imparerò a metabolizzarla e rispettarla.
Mi lasci un messaggio post mortem in cui mi dici, guarda cara, non te l’ho detto, mi dispiace ma…blablabla.
Ok. Probabilmente la cosa mi devasta (e, guarda un po’, mi fa anche incazzare) ma va bene. Fa parte della via che hai scelto per andartene.
Però a questo punto vai.
Non lo dico con cattiveria e so che è una cosa facilmente fraintendibile, ma con che diritto mi neghi la possibilità di elaborare la tua perdita continuando a bersagliarmi di messaggi in cui fingi di essere ancora vivo?
Con che diritto ti ritieni così importante da voler tenere legato a te qualcuno anche dopo la tua morte?
Con che diritto pretendi di controllare la vita di una persona, condizionandone gesti e scelte, anche dopo essere scomparso?
Quale malata e distorta concezione di te stesso ti ha fatto credere che questo fosse in qualche modo di conforto per la persona rimasta?
Quanto ego c’è in una cosa del genere?
E tutto questo senza contare che questo illustre ed esimio professore ha passato gli ultimi tre mesi di vita a programmare messaggi per la sua amante, lasciando alla sua famiglia solo la parte sporca della sua malattia.
E anche questo, non lo dico presupponendo un giudizio morale sulle tipologie di relazioni in sé, ma proprio solo a livello umano.
Hai scaricato tutta la tua merda su tutti quelli che ti stavano intorno per garantirti una sorta di sopravvivenza illusoria accanto ad una persona a cui non hai mai neanche chiesto se lo volesse o meno.
Certo, nella tua perversa e maniacale preveggenza hai previsto anche di lasciare una via d’uscita.
Ma, di nuovo, con che diritto mi butti addosso la responsabilità di essere io a tagliarti fuori?
Come puoi pretendere che una persona devastata da un lutto abbia la forza e la lucidità di rifiutare le ultime illusioni sfilacciate di un’esistenza?
Quello di Irons è uno dei personaggi più stupidi, egoisti e crudeli che abbia mai incontrato.
E se anche questo, come dicevo, non basterebbe di per sé a rovinare il film, ci pensa senza dubbio l’insopportabile stucchevolezza che pervade tutto ciò.
Lui è mieloso in modo nauseante.
E come se non bastasse tutto ciò, perché non aggiungerci anche un bel trauma pregresso nel passato di lei? Un bel senso di colpa da rielaborare con l’aiuto del defunto digitale, con tanto di scena clou di pianti e balbettamenti e l’ombra – neanche poi tanto lieve – di un complesso di Edipo che non si sa bene come voglia collocarsi ma si capisce che in qualche modo ci dev’essere.
Pesante, faticoso. Butta via la bravura degli attori, butta via quel che c’era di interessante nel presupposto e butta via anche le aspettative sul nome di Tornatore. Butta via anche le stelle morte.
Un’occasione sprecata. Peccato.
Nulla a che vedere con la bellezza struggente della Migliore Offerta.