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Archive for the ‘B. Lively’ Category

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Adorabile.

Café Society è Woody Allen come non lo era da tempo.

E non perché voglia unirmi al coro di chi butta via in blocco la sua produzione degli ultimi anni. Anzi. Seppur con alti e bassi (più alti che bassi in verità) ho sempre trovato il suo lavoro più che apprezzabile.

Però qui c’è qualcosa di diverso. O meglio. Qualcosa che mancava da un po’ di tempo. E’ il Woody vecchio stile. Quello delle sue commedie storiche.

Siamo negli anni Trenta. Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg), scontento della sua vita newyorkese e a disagio con la sua famiglia ebrea ma non troppo, potenzialmente soggetto all’influenza negativa del fratello gangster, si trasferisce a Los Angeles dove lo zio Phil (Steve Carell) conduce una brillante carriera come agente cinematografico.

Bobby è timido e impacciato e ammira eccessivamente il glamour dell’ambiente hollywoodiano. Lo zio Phil è scaltro e più disilluso di quanto non voglia sembrare. In mezzo a tutto ciò salta fuori Vonnie, segretaria di Phil, cui viene assegnato il compito di far ambientare Bobby.

C’è tutto.

Le battute sugli ebrei, la contrapposizione costa Est vs costa Ovest, la smitizzazione di Hollywood, l’essere intrinsecamente, irreversibilmente e perdutamente newyorkese, gli intellettualismi buttati là, come per caso, e poi subito sdrammatizzati con quell’umorismo apparentemente dimesso, le prostitute, le relazioni sentimentali intrecciate e l’ineluttabile insensata casualità che dirige gli eventi a suo piacimento.

E se tematiche e situazioni creano una sorta di compendio dei tratti caratteristici di Allen, non manca nulla neanche per quel che riguarda l’aspetto visivo. Le inquadrature stesse son una sorta di tributo, autocitazione, richiamo – non so neanch’io bene come definirlo – alla totalità dei suoi film. L’impostazione di molte scene è talmente sua, talmente riconoscibile da costituire un elemento altrettanto determinante della connotazione dei personaggi.

C’è talmente tutto che ad un certo punto ho avuto la sensazione (e il timore) di trovarmi di fronte a una sorta di testamento artistico.

Che possa/voglia essere l’ultimo film? Speriamo di no.

Sul cast avevo inizialmente delle perplessità, legate probabilmente in buona parte al mio pregiudizio nei confronti di Kristen Stewart (e della sua monoespressione) e anche al fatto che Jesse Eisenberg non è che proprio mi faccia impazzire (lo trovo un po’ sopravvalutato).

Cionondimeno l’insieme funziona e più che egregiamente. A riprova che un buon regista fa la differenza, la Stewart recita davvero e riesce a non fare smorfie (era persino carina in molte scene) e Eisenberg si cimenta in un personaggio che è palesemente quello che sarebbe stato Allen stesso se avesse ancora l’età di Io e Annie (un po’ la stessa cosa Jason Biggs in Anything Else, per intenderci). Ovviamente ottimo Steve Carell.

Particina anche per Blake Lively, che personalmente adoro (forse anche perché somiglia tantissimo a Zoe Bell?) anche se, se proprio devo fare un’osservazione, è una bellezza un po’ poco anni Trenta.

Spassoso dall’inizio alla fine – ci sono alcune battute sulle quali ho riso veramente di gusto come non mi capitava da tempo con Allen – delicato, leggero anche se densissimo.

Assolutamente da vedere.

Cinematografo & Imdb.

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