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Archive for the ‘Il mio Godard’ Category

Tratto – piuttosto liberamente – dalle due autobiografie di Anne Wiazemsky, Un anno cruciale e Un an après, in originale quest’ultimo film di Michel Hazanavicius  porta il titolo di Le Redoutable, dal nome – in un’associazione ben più che fortuita – del sottomarino nucleare le cui sorti vanno a costituire una sorta di leitmotiv nell’idioletto dei coniugi Godard.

L’aver cambiato e, manco a dirlo, reso più esplicito il titolo italiano in Il mio Godard, benché sia la solita trita operazione commerciale, se non altro in questo caso ha il pregio di evidenziare fin da subito un aspetto fondamentale del film. E un aspetto che, una volta tanto, ha senso conoscere a priori.

Lungi dall’essere un biopic, Il mio Godard è un curioso miscuglio: un pezzo – peraltro importantissimo – di storia del cinema rivisitato con i toni della commedia, senza alcun intento caricaturale o derisorio ma con una buona dose di un ironia che, in fin dei conti, è anche (e prima di tutto?) autoironia.

Di solito non amo molto Louis Garrel, ma va detto che il ruolo gli calza alla perfezione e sotto la mano di un’abile regia, ci restituisce il ritratto di un Godard geniale e al tempo stesso sempre più alienato dalla ricerca di una conciliazione impossibile tra presunti ideali di rivoluzione e un’idea di cinema che dapprima ha contribuito a creare e che ora si impegna meticolosamente a distruggere.

Le manifestazioni, le lunghe discussioni alle assemblee, il totale fallimento de La Cinese e la sua distorta interpretazione maoista. La rinnegazione totale di ciò che l’ha reso grande per inseguire il fantasma di una rivoluzione fraintesa.

Il film comincia proprio a Parigi, nel 1967, sul set de La Cinese.

Godard ha quasi 37 anni e ha una relazione con Anne Wiazemsky, protagonista del suo film e di quasi vent’anni più giovane.

Attraverso lo specchio della loro relazione, si delineano i contorni di un artista geniale e insoddisfatto. Di un’icona e, al tempo stesso di una macchietta.

Mantenendo sempre un tono assolutamente leggero e regalando momenti davvero spassosi, il regista riesce a trasmettere la sensazione dell’atmosfera culturale e politica di quegli anni senza per questo risultare didascalico o impositivo. Hazanavicious non ridicolizza Godard ma, ferma restando l’incontestabilità del suo status, in qualche modo se ne appropria, giocando con il lato comico del ruolo e dell’evoluzione personale del grande regista della Nouvelle Vague.

Misurato il divertimento e molto intelligente l’utilizzo di elementi cinematografici significativi senza ostentare né troppa satira né troppa devozione.

La quarta parete cade in alcuni momenti ma solo per una garbata strizzata d’occhio che subito si ritrae per non tediare lo spettatore con il peso di un approccio sperimentale che sarebbe ormai fuori tempo.

La battuta di Godard – all’inizio – sulla sua scarsa stima degli attori è ben piazzata e sufficientemente breve per far ridere senza scadere nel cliché del cinema che prende in giro se stesso. Idem dicasi per la scena di nudo e il discorso sull’opportunità del nudo nel cinema – doppiamente significativa se si pensa che Stacy Martin – nei panni (si fa per dire) di Anne Wiazemsky – è l’interprete del primo volume di Nymphomaniac.

Leggero, divertente, equilibrato e senza pretese di essere nulla più che una commedia, Il mio Godard è stato per certi versi una sorpresa e si è rivelato ben al di sopra delle mie aspettative.

Molto consigliato.

Cinematografo & Imdb.

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In uscita il 31 ottobre.

Mi ispira. Anche se mi scatena il profondo conflitto tra l’amore per Godard e l’avversione per Louis Garrel.

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