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Archive for the ‘Pacific Rim’ Category

America. Anni Sessanta. Piena Guerra Fredda.

Regia, soggetto e sceneggiatura di Guillermo del Toro.

Elisa (Sally Hawkins) e Zelda (Octavia Spencer) lavorano come donne delle pulizie in una struttura governativa di massima sicurezza.

Un giorno, in uno dei laboratori arriva qualcosa di insolito. Non si sa cosa sia ma dopo un po’ le due donne vengono chiamate per ripulire il sangue dal locale.

Elisa è muta. Zelda chiacchiera per tutte e due.

Elisa vive in un appartamentino sopra un cinema dove non va nessuno. Ha la sua routine, le sue abitudini, le sue uova sode e la sua amicizia con il vecchio vicino di casa, Giles (Richard Jenkins), un artista squattrinato, solo e dalla calvizie incipiente.

Nella grande vasca del laboratorio c’è una strana creatura, contesa da russi e americani, in balia dello spietato Richard Strickland (Michael Shannon), responsabile dell’esperimento e alle dirette dipendenze dei militari.

Elisa si introduce di nascosto nel laboratorio e, gradualmente, riesce a stabilire un contatto con questo essere strano, impaurito e bellissimo.

Leone d’Oro a Venezia 2017, La forma dell’acqua è una fiaba delicata e sorprendente, insolita nel suo imporre il canone classico del fiabesco in un panorama di film in cui ormai sembrerebbe essere passato di moda.

Visivamente meraviglioso, non solo per la creatura ma anche in ogni singolo dettaglio dell’ambientazione, riesce a unire una storia essenzialmente romantica alle atmosfere degli sci-fi degli anni Cinquanta (primo fra tutti Il Mostro della Laguna Nera cui viene reso omaggio in diversi dettagli) pur mantenendo sempre una coerente unità di tono.

E se da un lato si apprezza il fascino d’altri tempi della storia d’amore, d’altro canto, come in tutte le fiabe che si rispettino, il significato non si ferma alla superficie ma scende più a fondo.

Nelle profondità fluide e incostanti di una storia che ha per protagonisti dei diversi. Degli emarginati. Persone (e creature) al di fuori del sentire comune, incomplete, per il pensare della maggioranza. Elisa, chiusa nel suo silenzio, la creatura, apparentemente unica in un mondo che non sembra in grado non solo di capirla ma neanche di accettarla. Giles, con i suoi rimpianti per una vita scappata via davvero troppo in fretta. Il dottor Hoffstetler (Michael Stuhlbarg), con il suo sincero amore per la conoscenza, del tutto inutile nel contesto della Guerra Fredda, dove non è importante imparare ma solo che il nemico non impari.

Una storia d’amore impossibile e universale. Dolcissima ma non stucchevole. Divertente e toccante. Semplice ma tutt’altro che banale. Un incontro di solitudini e la profonda, misteriosa e incomprensibile magia dell’incontrarsi e riconoscersi, indipendentemente da limiti, definizioni, differenze, confini.

Una storia di cui oggi forse più che mai si sente terribilmente il bisogno.

Cast perfetto. Dalle ottime Sally Hawkins e Octavia Spencer – entrambe nominate come migliori attrici protagonista e non protagonista – al cattivissimo (e sempre bravissimo) Michael Shannon. Candidatura come miglior attore non protagonista anche per Richard Jenkins (Giles, il vicino di casa).

Tredici nominations in tutto. Troppe? Forse. Non credo che le vincerà tutte e non credo neanche che le meriterebbe tutte, ma ci sta che sia piaciuto e che sia molto nominato. Di sicuro, per quel che mi riguarda, l’oscar per le scenografie è suo, così come quello a Octavia Spencer. Per il resto non lo so. Devo ancora vederne un po’ e poi non saprei decidermi.

In ogni caso è da vedere assolutamente.

Il buon Guillermo del Toro ha dimostrato ancora una volta di saper porre sul fantastico la sua impronta originale e personalissima.

Ora non mi resta che aspettare con impazienza il secondo capitolo di Pacific Rim, anche se non sarà più lui a dirigerlo. (Sì, Pacific Rim. Quello che è piaciuto a me, a Guillermo e – forse – a Charlie Hunnam…presente? ecco, ci fanno il secondo capitolo! – prego inserire emoticon di gioia a piacere – che poi forse l’avevo già anche detto – non mi ricordo più, ora vado a ricontrollare i trailer che ho linkato – sì, comunque il post era finito, potete andare).

Cinematografo & Imdb.

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Prima o poi riprendo anche i miei regolarissimi orari notturni, che scrivere di giorno ormai mi sembra quasi strano.

Oltretutto sono distratta dalla custodia della deluxe editon di 2nd Law che, essendo termosensibile, con il caldo è diventata tutta verde scuro cangiante. L’altro giorno l’ho messa in frigo per controllare che poi tornasse normale. Sì. Funziona. E no. Non sto cercando scuse per parlare ancora un po’ dei Muse. Fortuna che la Voce sembra essere andata in vacanza.

Anyway. Come si evince dal trailer di ieri e dal film di oggi, ho deciso di alzare ulteriormente il livello del blog, oh già.

Scherzi a parte. Figata!

Sì, è tamarro. Sì, è esagerato. E no, non se ne sentiva assolutamente la necessità. Però è fatto bene ed è divertente. Che è quello che deve essere.

Trama esile, ma il fatto di non pisciare troppo lungo fa sì che non si areni in nodi dei quali poi non si viene a capo.

Enorme spaccatura sul fondo dell’oceano che si rivela essere un portale di comunicazione con un altro universo. Arrivano gli alieni. Enormi creature. Mostri giganti. Per combatterli l’uomo crea degli enormi robot.

Semplice.

Tantissimi riferimenti a praticamente tutto quello che è venuto prima e anche di più. Fondamentalmente il binomio è quello KaijuMecha (qui chiamati Jaeger), alla base di altre innumerevoli contrapposizioni prima di questa. Dal punto di vista meramente fisico, nei mostri si ritrovano un po’ tutti i grandi bestioni dell’ultimo decennio, da Godzilla alla creatura di Cloverfield, con un’aggiunta di dinosauri corredati di spiegazione evolutiva alternativa a quella tradizionale. Nei Robot ci sono tutti i Gundam, Mazinga ed Evangelion che siano passati sugli schermi. Non rientrano nel filone dei Transformers perché non sono autonomi ma sono governati all’interno da esseri umani.

Unica pseudo novità – e a dir la verità anche unica cazzata un po’ grossa – è la faccenda del drift. Per uno Jaeger servono due piloti ma perché funzioni devono essere collegati telepaticamente. Non è che sia una cosa stupida di per sé, solo che l’hanno tirata un po’ per i capelli e il risultato è che sembra solo un pretesto per far entrare lui nei ricordi di lei.

Lui e lei, dal canto loro, non sono particolarmente significativi, come in fin dei conti neanche il resto del cast. Il protagonista (Charlie Hunnam) è troppo consapevole di essere il figo della situazione ed elargisce con fin troppa generosità sguardi virilmente rassicuranti a destra e a manca. Gli eroi sono eroi, gli scienziati sono scienziati – forse anche eccessivamente caricaturali – e l’antagonista è ovviamente troppo coglione per avere qualche chance che non sia redimersi.

Ad ogni modo Guillermo Del Toro sa fare il suo mestiere e il film funziona. I combattimenti tra Kaiju e Jaeger sono fatti dannatamente bene, l’azione si vede chiaramente ed ha la sua consequenzialità, non è solo un gran casino di esplosioni e pezzi che volano. La fisicità dei mostri e dei robot è precisa e perfetta in ogni minimo movimento e le dimensioni extra large dei combattenti fanno passare in secondo piano anche l’aspetto di distruzione del contesto. Non interessano tanto gli scenari di città devastate o simili – quelle ci sono per forza e non ci si sofferma più di tanto – perché al centro ci sono esclusivamente gli scontri.

Insomma, se il genere vi garba vale la pena di andare a vederlo.

Cinematografo & Imdb.

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Bigger is better

Megatamarrata estiva in arrivo il 12 luglio.

Regia di Guillermo del Toro, il che se non altro dovrebbe garantire una soglia minima di trama.

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