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Archive for the ‘L. Michaels’ Category

All’improvviso Sylvia smise di spazzolarsi, andò nel soggiorno, si lasciò cadere sul divano, si appoggiò con la schiena alla parete di mattoni e si abbandonò completamente. Poi, da dietro la lunga frangia nera, i suoi occhi si mossero, mi guardarono. Il dubbio su cosa fare della mia vita fu risolto per i quattro anni successivi.

I primi anni Sessanta. MacDougal Street, nel cuore del Greenwich Village. Il fervore visionario, poetico, rivoluzionario di quegli anni. L’aria pesante di erba e di idee di musica. Appartamenti scalcagnati, divani sfondati, corridoi male illuminati. Vita universitaria, locali fumosi, discussioni interminabili, una macchina da scrivere scassata e racconti che non vogliono prendere forma.

Sono solo alcune delle immagini che rimangono impresse riemergendo dal turbine vorticoso che è questo piccolo romanzo di Leonard Michaels.

Il memoir romanzato del suo primo matrimonio con una ragazza bellissima e folle. Ma non di quella follia che andava per la maggiore nel fermento culturale dell’epoca. Non la follia creativa di artisti di strada e poeti ubriachi.

Quella in cui Sylvia sprofonda – trascinando con sé anche Leonard – è la follia (auto)distruttiva della psicosi. Di una rabbia incontrollabile e incontrollata. Di un odio per se stessa e per il mondo intero. Una rabbia che brucia e brucia e brucia fino a divorare ogni cosa.

La relazione tra i due nasce quasi per caso ma si connota da subito come un legame imperativo. Di quelli che nessuno si spiega, tanto meno gli interessati. Di quelli che si mangiano ogni cosa e che forse nella vita non si incontrano mai.

E il mondo di Leonard diventa Sylvia.

Sylvia e le urla furiose che vanno avanti per ore.

Sylvia e gli oggetti spaccati contro i muri.

Sylvia e i gesti sempre sbagliati.

Sylvia e le accuse, le colpe, le condanne.

Sylvia magra, nel suo cappotto di cuoio troppo leggero, zoppicante con un sandalo rotto, sofferente per dolori forse immaginari.

Sylvia solo vagamente consapevole di ciò che accade intorno.

Le parole di Michaels ricostruiscono i tratti di una vicenda che, raccontata, ha del surreale ma riesce anche a rendere bene l’idea di come la psicosi e l’assurdo si insinuino lenti e subdoli nel quotidiano, ospiti quasi invisibili ma inevitabilmente letali. Artefici di un allucinato inferno di coppia che soffoca e annulla il mondo circostante.

Un libro sull’ossessione e sulle profondità della mente e dei legami, che ti tiene incollato dall’inizio alla fine in una descensio che non lascia scampo.

Una corsa inarrestabile verso il precipizio e un esito prevedibile eppure sconvolgente.

Un libro bellissimo e terribile, di una verità disarmante e quasi insostenibile.

Non c’è salvezza, non c’è redenzione per Sylvia, che rivive in queste pagine come un ultimo urlo, come un ultimo sguardo da sotto la frangia di capelli neri.

Sarebbe stato facile lasciare Sylvia. Fosse stato difficile, forse l’avrei fatto.

Leonard Michaels, Sylvia, Adelphi, 2016

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