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Archive for the ‘Raccolte’ Category

ghosts

Titolo originale della raccolta di racconti che, di fatto, rappresenta l’esordio di Hill prima del successo della Scatola a forma di cuore. I singoli racconti in realtà sono apparsi su diverse pubblicazioni nel corso di vari anni e sono stati riuniti la prima volta in questa raccolta nel 2005. In Italia la prima edizione è del 2009, sempre Sperling & Kupfer.

Di norma le raccolte di racconti non sono esattamente in cima alla mia lista di preferenze, motivo per cui tendo sempre a snobbarle un po’. Non saprei neanche spiegare esattamente il perché. Probabilmente è solo che preferisco le storie lunghe, in cui ambientarmi e sistemarmi con calma mentre il racconto presuppone che si entri e si esca dalla storia troppo in fretta. Non a caso, infatti, anche tra i racconti prediligo sempre quelli piuttosto lunghi.

Ad ogni modo, come si sarà capito, ormai son partita in quarta con Hill e sto recuperando tutti gli arretrati.

Ghosts contiene 15 racconti di lunghezza, tono e atmosfere molto varie.

E’ una raccolta composta da elementi diversissimi che pure mantiene una sua omogeneità di fondo.

Il tono principale, se proprio si deve appiccicare un’etichetta, è prevalentemente horror, ma dirla così sarebbe riduttivo. C’è l’horror classico, certo, in storie come Best New Horror o Il telefono nero ma c’è molto di più. C’è la delicatezza di Pop Art che di orrorifico non ha proprio niente ma che è totalmente e meravigliosamente surreale.

C’è la malinconia di Un fantasma del Ventesimo Secolo che si porta attaccato il retrogusto delle storie di fantasmi di una volta e un presupposto dal forte sentore gotico.

C’è una forte, fortissima componente disturbante. Molto spesso, queste storie, più che far paura in senso immediato e diretto, sono inquietanti in un modo molto più subdolo e sottile. Lasciano addosso una sensazione di disagio, di irrequietezza. Davvero, a costo di ripetermi, disturbante è l’aggettivo più adatto a descrivere buona parte di questi racconti.

Il canto della locusta parte con un esplicito richiamo a Kafka ma lo rielabora in chiave semi-distopica, con tratti che ricordano più che altro Bradbury.

Nell’introduzione, Christopher Golden fa notare come I ragazzi Van Helsing ricordi, per impostazione e sviluppo, il film Frailty – Nessuno è al sicuro e in effetti è verissimo. Non so se mi sarebbe venuto in mente comunque, dato che tendo sempre a dimenticare quel film perché mi mette un’ansia incredibile, ma è assolutamente vero.

Meglio che a casa è di una tristezza infinita. Non te ne accorgi subito ma più  ci ripensi e più ti rendi conto che quello che rimane è la tristezza.

Tra due basi ha i presupposti per un piccolo thriller, mentre Il mantello è genuinamente simbolico e crudele.

L’ultimo respiro è cattivissimo e se fosse un film sarebbe senza dubbio di Cronenberg. Mi vedo già l’ambientazione cupa e magari un po’ steampunk dell’interno del museo.

Il bosco fantasma e La colazione della vedova sono di nuovo più malinconici che realmente spaventosi. Se non si considera spaventosa la struggente solitudine che si portano dietro.

Bobby Conroy ritorna dal mondo dei morti è un gioiellino. E’ divertentissimo per l’ambientazione e per il modo in cui la storia si innesta nel contesto.

La maschera di mio padre è allucinante. Ed è forse quello da cui ho fatto più fatica ad uscire perché ti risucchia ad una velocità impressionante in una realtà completamente distorta. E fa paura. Molta paura.

Ricovero volontario è il più lungo di tutta la raccolta e sicuramente uno dei miei preferiti. E’ una storia che emerge a poco a poco dai ricordi. Ricordi che non coincidono con la realtà dei fatti oggettivi. Una verità che non può essere detta e la realtà che diventa sottile e mutevole. La porta della cantina e tunnel di scatoloni di carta che sembrano non finire mai.

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