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Archive for the ‘Horror & Co.’ Category

Altra produzione Blumhouse, con Octavia Spencer, Juliette Lewis, Allison Janney e Luke Evans.

In uscita il 6 giugno.

 

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Quattro anni dopo il primo Unfriended torna l’idea dei social-assassini.

Onestamente pensavo che ci avrebbero messo di meno a riciclarla.

In uscita il 16 maggio. Produzione, manco a dirlo, Blumhouse.

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In uscita nelle sale il 18 aprile.

Con la produzione di James Wan si tenta il lancio ricollegandosi all’universo di The Conjuring, anche se resta da capire la misura di questo collegamento.

Di certo c’è il personaggio di Padre Perez, interpretato da Tony Amendola, che è lo stesso prete di Annabelle, ma più di questo non saprei.

Il trailer non è male – anche se il nome di ‘sta Llorona fa un po’ cagare – ma dopo la fregatura che ho preso con The Nun forse dovrei usare maggior cautela nell’entusiasmarmi per i trailer.

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Quando ho sentito che volevano fare il remake di Suspiria ho provato coerentemente un brivido di terrore.

Perché, che piaccia o non piaccia Dario Argento, Suspiria è comunque un classico del genere. Forse non archetipico nell’immaginario quanto un Profondo Rosso ma non ci andiamo tanto distanti.

Poi ho sentito che il remake era di Guadagnino e ho detto vabbè.

Poi ho visto che c’era Tilda Swinton e ciao proprio. Neanche la presenza di Dakota Johnson è bastata a dissuadermi.

In pratica, ho visto questo film perché c’era Tilda.

E mi sono piazzata in sala con sguardo critico e un sopracciglio rigorosamente alzato in piena modalità ok-do-your-magic, con tutto il sarcasmo applicabile alla cosa.

Che tra l’altro, prima di entrare in sala non mi ero neanche accorta che dura 152 minuti il che ha ulteriormente aumentato la mia maldisposizione di partenza.

Detto ciò. Gli dei conservino lungamente Guadagnino perché ha fatto veramente un capolavoro.

Già dopo i primi minuti il mio sopracciglio si era riposizionato a livello dell’altro e dopo la prima mezz’ora ho smesso del tutto di pormi il problema del remake per godermi il film.

Suspiria 2017 è di una potenza incredibile.

La colonna sonora di Tom Jorke accompagna una sceneggiatura che da un lato omaggia il film originale con moltissimi riferimenti e dall’altro la amplia, sviluppandone a fondo tutte le potenzialità inespresse.

Sempre ambientato in Germania, qui siamo in una Berlino divisa in cui il contesto storico è molto più presente rispetto al primo film creando un contrappunto molto stretto tra il Male nell’accademia di danza e il Male che ancora imperversa nel mondo in quegli anni.

Attraverso sei atti e un epilogo prende vita la storia di Susie Bannion, ballerina dell’Ohio, trasferitasi a studiare danza in Europa.

La storia di base è rimasta quella originale.

Nella scuola di danza succedono cose strane e le donne che la gestiscono altro non sono che una congrega di streghe.

Quindi, da un punto di vista strettamente di trama, non c’è la tensione della sorpresa sullo svolgersi della vicenda.

Cionondimeno la tensione si crea molto efficacemente e soprattutto non ha un attimo di cedimento per tutta la durata del film.

Visivamente curatissimo, molto incentrato sulla danza con le sue possibili valenze simboliche e rituali, Suspiria 2017 è un ballo di morte e resurrezione, un sabba moderno affascinante e letale.

Più che sul terrore nudo vero e proprio, Guadagnino punta sull’angoscia. Una sensazione di angoscia stringente e claustrofobica che, in definitiva, risulta molto più inquietante della paura stessa.

Alcune sequenze sono costruite in modo fenomenale da questo punto di vista, una per tutte – un piccolo spoiler –  la danza in parallelo di Susie – impegnata in una prova – e di una compagna di ballo chiusa in una stanza di specchi. Ad ogni salto di Susie, ad ogni movimento di Susie, ad ogni strattone, allungamento, scatto corrisponde un analogo movimento della ragazza nella sala che viene sballottata, lanciata, disarticolata e spezzata come in un rituale voodoo. E’ una sequenza piuttosto lunga ed è meravigliosamente disturbante.

Come anche molto disturbanti, oltre che bellissime, sono le sequenze semi oniriche.

Nel ruolo di Susie abbiamo Dakotan Johnson, curiosamente poco fastidiosa, con una recitazione piuttosto asciutta e senza le sue solite smorfie da aspirante superseduttrice.

E poi, meravigliosa, superba e fantastica, abbiamo Tilda Swinton nel ruolo sia di Madame Blanc sia del Dottor Klemperer, un anziano psicologo che si trova ad indagare sulle strane vicende che ruotano intorno alla scuola di danza.

Una Madame Blac carismatica, fredda, potente e bellissima. Una Tilda Swinton perfetta e intensa che mi ha ricordato gli anni di Orlando.

Nel cast anche Mia Goth, che non ho ancora capito se mi piace o meno ma era comunque adatta alla parte.

Cameo per Jessica Harper, la Susie del ’77.

I tempi e i modi della recitazione sono ovviamente più vicini al canone tradizionale rispetto al film originale ma si nota comunque un’impronta di lentezza e di sospensione che pare essere un tributo al primo Suspiria.

Così come la ricostruzione di alcune scene – le porte scorrevoli all’inizio – o l’impiego di effetti speciali non (quasi) digitalizzati ma fatti alla vecchia maniera, con trucco e sangue.

Splatter in generale moderato ma efficace con non pochi ammiccamenti allo stile di Dario Argento.

Dario Argento che non pare aver particolarmente apprezzato il remake perché, a suo dire, poco spaventoso e con poca musica.

Sarà. Immagino che ogni autore abbia una sensibilità propria per le sue opere. D’altronde a King non piace lo Shining di Kubrick.

In ogni caso per me questo Suspiria è stato una bellissima sorpresa.

Molto molto consigliato.

Cinematografo & Imdb.

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In uscita quest’anno. Anche se non è ancora dato sapere esattamente quando.

Sembra un po’ una versione horror di Superman ma non si può mai dire.

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Bella. Bellissima. Scala come un fulmine la mia personale classifica di AHS e si piazza comodamente in cima.

La stagione più bella della serie e una delle stagioni che mi sono piaciute di più in assoluto in questi anni.

Non che non abbia delle pecche o dei limiti – anche solo banalmente quelli imposti dal suo stesso format – ma stavolta gli sceneggiatori hanno veramente dato il meglio.

Si parte con quello che è stato l’evento più orrorifico degli ultimi anni: l’elezione di Trump.

Il fulcro attorno a cui tutto ruota è la notte delle elezioni.

E’ l’inizio e il catalizzatore.

Con la consueta alternanza di passato e presente e, soprattutto, di prospettive diverse per lo stesso evento, si costruisce gradualmente una grande affresco di degenerazione sociale.

Vengono portati alle estreme conseguenze i presupposti che hanno reso l’America un paese capace di eleggere Trump. Capace di meritarselo.

Da un lato abbiamo Ally (Sarah Paulson) e Ivy (Allison Pill), sposate, con un figlio. Una famiglia non tradizionale, come piace tanto dire, che vede il suo status di famiglia messo a rischio dall’elezione del nuovo presidente.

Al lato opposto abbiamo Kai (Evan Peters). Morbosamente esaltato dall’esito delle elezioni.

Kai, con i capelli blu e lo sguardo magnetico.

Kai, trascinante e carismatico, con la parlantina sciolta e la capacità di dire alle persone esattamente cosa vogliono sentirsi dire.

Kai che ha un copione che da solo vale tutta la serie.

Che è la voce incarnata del grande imbroglio americano.

Che è modellato molto direttamente su Charles Manson ma che, in definitiva, è la rappresentazione di tutti i grandi American Psycho dal secolo scorso ad oggi.

E questo è un tratto significativamente distintivo rispetto alle altre stagioni, dove si prendeva come punto di partenza un canone dell’horror per giocare sulle sue declinazioni.

Qui no. Qui è davvero storia, è davvero orrorifica, ed è davvero americana. Perché non c’è bisogno di inventarsi niente. Il vero orrore sono le persone. Sono le persone ad essere terrorizzanti. E gli abissi che possono spalancare.

E quindi abbiamo una galleria di grandi massacri americani e di grandi leader carismatici che hanno catalizzato questi massacri – sempre rigorosamente interpretati da Kai, che diventa massima espressione di quello spirito americano che ha reso possibile Trump.

Poi sì, abbiamo anche, come sempre, canoni paralleli, declinati però più come fobie e quindi sempre con una connotazione molto reale e concreta.

Ally è il tramite principale per la materializzazione delle fobie. E’ psicologicamente la vittima ideale del clima dell’era di Trump. Perché ha paura e la Paura è l’altra grande protagonista di questa stagione.

Non la paura del buio o del mostro sotto il letto ma la paura dei propri vicini, dei propri amici, dei familiari e dei conoscenti. E’ la paura che si insinua strisciante e allontana da tutto e da tutti.

E’ la paura che diventa terrore vero e proprio, come quello di Ally per i clown – cameo di Twisty e poi altre maschere da clown in quantità – per i buchi – la tripofobia in effetti è una cosa borderline piuttosto disturbante e per tutta una serie di cose che diventano sempre più invasive nella sua vita fino a prenderne possesso. Fino a isolare completamente Ally.

I toni grotteschi e politicamente scorretti che connotano da sempre questa serie, sono qui particolarmente significativi come tramite per portare in superficie il grottesco di un paese incapace di accorgersi del pericolo che sta correndo.

Cast storico molto ridotto, con sostanzialmente solo Sarah Paulson e Evan Peters – entrambi fantastici – in ruoli importanti.

Particina per la mia amata Frances Conroy e diversi camei di altri attori storici della serie.

Tra le new entries, degna di nota Billie Lourd – la figlia di Carrie Fisher – nel ruolo di Winter.

Pochi riferimenti alle altre stagioni, giusto qualche accenno.

Citazioni cinematografiche comunque sempre abbondanti, anche se più in direzione distopica, vista l’impostazione – per dirne una, impossibile non pensare alla recente serie della Notte del Giudizio.

Splatter tutto sommato limitato, con solo qualche scena un po’ disturbante.

Davvero consigliatissima, anche a chi non è troppo amante del genere e anche a chi non è troppo fan della serie.

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In uscita il 21 marzo 2019.

Tralasciando la consueta idiozia del sottotitolo italiano, non sembra male.

Lo psichiatra è Colm Feore, Andre Linoge nella Tempesta del Secolo.

 

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Il trailer mi ispira tantissimo.

Il fatto che la regia sia di Adam Robitel – che ha diretto quella mega vaccata dell’ultimo Insidious – mi smorza un tantino l’entusiasmo ma voglio essere fiduciosa.

In uscita il 14 marzo.

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Scritto e diretto da Jordan Peele, regista e sceneggiatore di Get Out.

Ora, ricordandomi quanto poco mi fosse piaciuto Get Out e quanto avessi giudicato immeritata anche solo la partecipazione agli oscar, forse dovrei usare cautela nell’approcciarmi a questo.

Però il trailer mi piace parecchio.

In uscita il 28 marzo.

Vedremo.

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In uscita il 31 gennaio.

Sembra un onesto caso di possessione con tutte le carte in regola.

 

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