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Archive for 8 gennaio 2013

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Non sono in rapporti molto stretti con la religione. Colgo il lato estremamente interessante di un approccio antropologico all’argomento ma non vado molto più in là. Per dire, finchè si parla da un punto di vista meramente spirituale ancora riesco a manifestare comprensione e partecipazione, quando si passa a parlare di religione in senso dogmatico-istituzionale comincio a ricoprirmi di bolle verdi e a parlare sanscrito al rovescio.

Dico questo perchè?

Per spiegare perchè Vita di Pi mi sia piaciuto nonostante fin dall’inizio prenda una piega spiritualeggiante che dal trailer non mi ero aspettata (non avendo letto il libro di Yann Martel da cui è tratto) ma che alla fine non è sgradevole.

Fondamentalmente è una favola.

Pi Patel, adulto, si trova a pranzare con uno scrittore in crisi di ispirazione spedito lì da un amico comune: gli ha garantito che Pi ha da raccontargli una storia che lo farà credere in Dio. E Dio, in effetti, è molto presente, in tutte le sue forme perchè fin dall’inizio del racconto vediamo il giovane Pi che, spinto da un’irrefrenabile esigenza di sapere, cerca di conoscere e di praticare tutte le religioni contemporaneamente. Dall’induismo al cattolicesimo, all’islam. A dire il vero l’unica via di pensiero per la quale sembra nutrire una certa diffidenza è quella della razionalità, incarnata dagli insegnamenti paterni – tra cui ci sono anche quelli relativi alla natura degli animali, con i quali Pi è costantemente in contatto dal momento che la sua famiglia è proprietaria di uno zoo.

Dopo un inizio a tratti anche spassoso, fatto di aneddoti più o meno surreali, compreso quello che spiega come mai l’unica tigre dello zoo si chiama Richard Parker, Pi racconta di come lui e la sua famiglia non abbiano avuto molta altra scelta se non quella di lasciare l’India e di imbarcarsi – con tutto lo zoo – su una nave mercantile diretta in Canada.

La nave affonda in una tempesta. Rimangono Pi e una scialuppa sulla quale tentano di trovare salvezza una zebra con una zampa rotta, una iena malconcia ma non per questo meno antipatica, una femmina di orango che ha perso suo figlio e soprattutto Richard Parker. Che dapprima se ne sta nascosto sotto il telo ma quando viene fuori pretende ovviamente per sè l’intera scialuppa. Dopo una prima breve fase iniziale, rimangono solo Pi e Richard Parker ad affrontare il destino che li attende.

Un naufragio lunghissimo. Viaggio esplicitamente introspettivo, palese – e forse anche un po’ ostentata ma va bene lo stesso – metafora di un viaggio spirituale, scandito dalle prove a cui viene sottoposto il minuscolo essere umano messo a diretto confronto con la sconfinata e maestosa immensità di una natura parimenti grandiosa nella sua generosità e nella sua furia. Pi si misura con il mare, con Richard Parker, con se stesso, con Dio. Accetta e lotta. Si meraviglia e si dispera. Si arrende e si salva (è lui fin dall’inizio a raccontare quindi non è un mistero).

Visivamente bellissimo (totalmente digitale) anche se in certi punti gli effetti di bioluminescenza richiamano forse un po’ troppo esplicitamente Avatar. Non l’ho visto in 3D ma non avrebbe aggiunto poi molto. Si individuano facilmente le scene fatte apposta per le tre dimensioni ma sono tranquillamente apprezzabili anche in 2D.

Ang Lee ancora una volta cambia genere e ancora una volta con risultati più che validi, dando vita ad una storia delicata, a tratti onirica, introspettiva ma non claustrofobica perchè surreale e fiabesca.

Mi piacerebbe spendere qualche parola sulla piega che prende la storia verso la fine ma rischierei di spoilerare troppo. Mi limito a dire che il finale non solo è all’altezza del film ma lo arricchisce ulteriormente.

Cinematografo & Imdb.

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