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Archive for 30 gennaio 2013

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Io ho paura di volare. E’ un fatto ed è inutile girarci intorno. Fortunatamente però, non ho così tanta paura da rinunciarvi. Quando organizzo un viaggio e so che dovrò prendere un aereo, so anche che affronterò la mia brava dose di paranoie e che se mai dovessi incappare in una turbolenza mi ridurrò ad uno straccetto pigolante e privo di dignità per tutta la durata dell’evento. E’ anche probabile che mi ritrovi a pronunciare voti e solenni giuramenti che se mi va bene viaggerò via terra per il resto dei miei giorni. Fino al volo successivo. Basta conoscersi.

Tutto ciò per dire che se già di mio tendo a partecipare molto ai film dal punto di vista emotivo – sì, sono di quelli che piangono e all’occorrenza zompano sulla poltrona – la prima mezz’ora di Flight mi ha decisamente provata.

Avverto che ne parlerò in modo piuttosto dettagliato. Non che questo vada a svelare particolari determinanti nello svolgimento del film – tanto più che molto dell’incidente viene detto anche nel trailer – in ogni caso ve lo segnalo.

Penso sia una delle sequenze di incidenti aerei più belle e in assoluto fatte meglio nella storia di questo genere cinematografico. E il motivo principale penso sia il fatto che è di un realismo estremo. Sembra veramente di vivere quei momenti. Non è solo una questione di telecamera che si agita, passeggeri legati ai sedili e sballottati qua e là come al luna park e magari anche di qualche esplosione. Sì, certo, ovviamente si balla, ma quello che rende tutto così terrificante sono i particolari, gli elementi veri di tutta la situazione. La posizione d’emergenza che le hostess fanno assumere ai passeggeri come avvio di quelle procedure che normalmente ci si augura di vedere sempre solo stampate a colori nella tasca del sedile antistante. Non ricordo un solo altro film a tema in cui venga rappresentata questa cosa qui. Generalmente si passa da uno stato di normalità ad uno stato totalmente fuori controllo. Non ci sono mai i passaggi intermedi del personale che cerca in qualche modo di gestire la situazione.

Ma andiamo con ordine. Questo benedetto volo, diciamocelo, è parecchio sfigato, su questo non ci sono dubbi. Si alza in volo nel bel mezzo di una turbolenza di quelle serie e già qui si ha un assaggio sia di quello che si vive tra i passeggeri sia di quello che succede tra i piloti. In particolare, colpisce l’estrema lucidità professionale di Whip Whitaker (Denzel Washington) che risulta fin da subito estremamente credibile.

Quando il grosso del volo è ormai alle spalle e devono cominciare la discesa, arriva il casino vero e proprio. Guasto tecnico. L’aereo precipita.

Parentesi. Notevole davvero l’assoluta precisione dei dettagli tecnici – tutto quello che viene rappresentato è plausibile quando non addirittura possibile. Chiusa parentesi.

Per frenare la caduta, Whip tenta una manovra estrema e porta l’aereo in volo rovescio, per poi raddrizzarlo nuovamente e farlo planare – ormai senza quasi più nessun motore funzionante – in una zona disabitata.

Risultato. Niente vittime a terra e quasi nessuna vittima a bordo. Un caso più unico che raro ma tecnicamente e teoricamente possibile.

La lunga sequenza della manovra è un capolavoro. Anche tralasciando il fatto che io ero artigliata al sedile e tra un po’ mi mettevo a piangere da quanto me la stavo facendo sotto, è davvero coinvolgente anche perchè non si perde mai la dimensione umana delle persone che stanno facendo di tutto per evitare il disastro. La freddezza, mai spaccona, di Whip (la stessa che gli fa pronunciare la frase sulla scatola nera – poi capirete) e la prontezza – nonostante il panico – dell’assistente di volo contribuiscono a dare alla scena quell’equilibrio che la rende verosimile.

Poi certo, c’è anche il resto del film. Che è un po’ diverso da quello che il trailer lascia intendere. C’è il problema dell’alcool e c’è Denzel Washington che dà un’ottima prova, alternando momenti di lucidità a momenti in cui sprofonda tra i suoi demoni.

Molto (forse persino troppo?) politically correct dal punto di vista dei contenuti, Zemeckis riesce tuttavia a bilanciare bene tutti gli elementi in gioco evitando di scadere nel solito cliché da redenzione. O per lo meno, un po’ lo fa ma senza darlo troppo a vedere.

Nel cast troviamo anche Kelly Reilly – nei panni di un personaggio triste che forse avrebbe potuto avere un po’ più di spazio – e John Goodman, in un ruolo che fornisce anche diversi spunti divertenti.

Un buon film. Meritata la candidatura di DW anche se non credo sarebbe altrettanto meritata la vittoria – è una buona parte, è vero, ma non così tanto sopra le righe, soprattutto per lui.

Anche questo è abbastanza lungo ma il ritmo è buono e la narrazione scorrevole.

Da vedere. Magari non proprio prima di prendere un aereo, ma comunque da vedere.

Cinematografo & Imdb.

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