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Archive for 17 febbraio 2015

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Andrew Neiman, 19 anni, studia al prestigioso conservatorio di Manhattan. Non vuole solo diventare un batterista jazz. Vuole diventare uno dei grandi.

Terence Fletcher è un insegnante e dirige l’orchestra jazz del conservatorio. Non vuole solo insegnare. Vuole spingere il suoi musicisti oltre i propri limiti. Oltre le proprie aspettative.

Andrew è solitario, introverso, discretamente asociale e sostanzialmente incompreso dalle persone che lo circondano. Suo padre gli vuole bene, cerca di appoggiarlo ma non capisce realmente l’importanza di quello che Andrew cerca di fare. Dal canto suo, Andrew è più o meno consapevolmente perseguitato dal fantasma del fallimento di suo padre.

Quando Terence Fletcher lo prende in prova per la sua orchestra Andrew sa che si sta giocando tutto.

Whiplash è un film musicale. E sì, sulla carta ci sono molti degli elementi canonici di questo genere (come anche del genere sportivo, se è per questo). Il sogno irraggiungibile. La sfida con se stessi. Gli ostacoli. Il rapporto conflittuale maestro-allievo. Più in generale, il concetto del superamento dei propri limiti e il mito – molto americano, certo – dell’eccellenza assoluta.

Insomma, a leggere trama e presupposti, il cliché parrebbe in agguato.

E invece no.

Whiplash non potrebbe essere più lontano dagli standard consueti del genere.

Whiplash è un film intelligente, complesso ed estremamente ricercato. E’ una piccola perla di raro equilibrio, originalità e intensità.

Il centro di tutto è sostanzialmente la dinamica del rapporto che si crea tra Neiman e Fletcher.

E’ uno scontro che si svolge nello spazio ridotto intorno alla batteria.

Fletcher è inflessibile, intransigente, crudele ai limiti del fanatismo. I suoi modi e il suo linguaggio ne fanno una sorta di sergente alla Full Metal Jacket ma il suo comportamento impossibile non è mera esibizione. Fletcher non è semplicemente lo stronzo della situazione. E’ un personaggio estremamente articolato. E’ odioso ma non si riesce davvero ad odiarlo perché trasmette una determinazione e una devozione che in qualche modo trascendono le circostanze.

A interpretare Fletcher è uno strepitoso J.K. Simmons, già vincitore del Globe per miglior attore non protagonista e meritatamente nominato anche per l’oscar.

Nel ruolo di Neiman c’è invece Miles Teller, batterista dall’età di 15 anni, che ha interpretato personalmente tutte le scene di batteria. E benché si sia ricorsi ovviamente al doppiaggio per buona parte delle scene, il 40 percento della colonna sonora è costituito dalla performance originale di Neiman.

Whiplash è un film curatissimo ed estremamente raffinato, e non solo perché si parla di jazz.

L’impostazione è quasi teatrale.

Le luci si concentrano su Andrew e Fletcher intorno alla batteria. Tutto il resto è scuro, come se, progressivamente, il resto del mondo venisse tagliato fuori. Come se non esistesse nient’altro fuori dai confini della sfida che sta avendo luogo.

La fisicità, poi, ha un’importanza fondamentale. E’ un film estremamente fisico. Lo scontro tra Andrew e Fletcher – che è costato al povero Simmons due costole rotte. La scena degli schiaffi, che i due attori hanno provato diverse volte mimando i colpi ma che, nella versione definitiva, è stata fatta davvero. Le vesciche sulle mani di Teller. Il suo sangue sulle bacchette e sulla batteria.

Il suo sudore e il suo sfinimento, con Chazelle che non stoppava mai le scene di batteria perché Teller arrivasse ad essere veramente distrutto.

La gestualità accentuata, pulita, carica di significato al pari della musica e della parola. E gli sguardi. Gli occhi di Simmons, soprattutto. In particolare, ci sono un paio di inquadrature che da sole valgono tutto il film e che racchiudono, in pochi secondi, l’infinita complessità del personaggio di Fletcher.

Whiplash è un film di lotta e superamento dei propri limiti ma non secondo i percorsi consolidati cui ci ha abituato l’iconografia americana del mito dell’eccellenza.

Quella di Whiplash è una lotta prima di tutto con se stessi. E’ una dimensione interiore, fisica e metafisica allo stesso tempo. E’ una ricerca di senso. E’ l’essenza stessa del concetto di sfida. La tensione che si crea è palpabile e quasi dolorosa. Il coinvolgimento è totale e si soffre con Andrew dall’inizio alla fine.

Notevole, davvero.

Cinematografo & Imdb.

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