Warm Bodies. Ovvero cosa viene fuori mischiando gli zombie-movie con il romance per adolescenti.
Detta così mi rendo conto che può sembrare inquietante ma in realtà il miscuglio è ben riuscito.
Epidemia zombie che ha colpito quasi tutto il pianeta. Zombie “normali” lenti, ritardati, affamati per necessità di viventi e zombie arrivati ormai ad uno stadio ultimo, ridotti a scheletri, senza più nemmeno una parvenza di umanità, affamati con ferocia di qualunque cosa abbia un cuore che batte.
Roccaforte di minoranza non contagiata di sopravvissuti con tanto di muro che li isola e militari che la difendono sotto il comando di John Malkovich – che comunque fa sempre piacere.
R è uno zombie anomalo che conserva residui di ricordi e istinti umani.
Julie è la figlia di Malkovich e fa parte delle squadre che oltrepassano il muro in cerca di rifornimenti e zombie da uccidere. La sua squadra viene attaccata, ma R, invece di mangiarsela, si porta Julie nel suo nascondiglio.
Tentativi di interazione. Diffidenza. Graduale cambio di prospettiva. Conoscenza. Evoluzione del resto della storia più o meno come ci si aspetta che debba andare.
Warm Bodies è un film senza grandi pretese di trama (il che paradossalmente costituisce un ulteriore pregio) ma con una consistente dose di autoironia che lo rende gradevole, divertente, a tratti davvero spassoso. E non importa che la storiella romantica sia esattamente da cliché, perchè anche questo fa parte dell’ironia.
Con i due protagonisti che, con i loro stessi nomi, riprendono la traccia della più grande storia d’amore di tutti i tempi, la storia d’amore per eccellenza, R(omeo) e Julie(tte).
E poi ci sono i riferimenti più o meno evidenti e, anche in questo caso, molto ironici ai canoni classici della filmografia zombie.
Molto ben riusciti i protagonisti. Teresa Palmer (Julie) è carina ma non stucchevole e Nicholas Hoult – oltre ad essere fornito di voce fuori campo azzeccatissima e molto divertente nell’illustrare la crisi esistenziale dovuta al fatto di essere uno zombie – nei panni di R fa ridere solo a guardarlo, con il trucco da zombie ben fatto ma anch’esso non eccessivamente serio; quel tanto che basta per richiamare alla mente l’idea di qualcuno vestito da zombie per Halloween a cui sia venuto particolarmente bene il travestimento.
Presente anche la metafora della condizione adolescenziale senza però sprechi di serietà o eccessive elucubrazioni. Non ci va molto a vedere in R e nella sua felpa malconcia il prototipo di un certo di tipo di teen lobotomizzati.
Purtroppo inevitabili i collegamenti al fenomeno Twilight da parte di una distribuzione che non ha ancora deciso se utilizzare quest’associazione in senso positivo o negativo ma intanto la sfrutta perchè attira comunque l’attenzione. Fortunatamente la cosa si ferma all’aspetto superficiale del marketing e, se qualche richiamo può essere visto nel film, è prevalentemente di stampo se non proprio parodistico quanto meno dissacrante.
Bellissima la colonna sonora rock – anche se non ci sono i Black Keys utilizzati nel trailer – con alcuni accostamenti che ricordano persino un po’ gli anni Ottanta.
Una curiosità. Nei panni del fidanzato di Julie c’è un tizio che ho passato metà del film a pensare uh, ma come somiglia a James Franco. Ecco, si chiama Dave Franco ed effettivamente è suo fratello.
In conclusione. Andate a vederlo e fatevi quattro risate. E’ un film leggero e simpatico. Non c’entra niente con Twilight (chissà perchè ci tengo a ripeterlo e a sottolinearlo) e non vi preoccupate se non vi piacciono gli zombie perchè in questo caso sono in versione decisamente amichevole.
E’ tratto dal libro di Isaac Marion che potrei anche decidere di recuperarmi. Non è neppure una trilogia 🙂
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