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Archive for the ‘Invictus’ Category

 

 

Clint Eastwood è diventato uno di quei registi che non sbaglia un film neanche se ci si mette d’impegno.

J. Edgar è un gran bel film. A dispetto della più o meno generale delusione della critica che continua a sospirare rimpiangendo le vette mai più raggiunte di Mystic River, Million Dollar Baby e Gran Torino.

E’ curioso come la critica riesca sempre a trovare il modo di punirti. Se tu, regista, fai un lavoro mediocre, ti becchi la tua dose di biasimo. Se fai un capolavoro che neanche il più bastardo dei critici riesce a stroncare, sì, per una volta ti prendi le (meritate) lodi, ma sappi che prima o poi le sconterai. Quello che farai dopo, per quanto buono, sarà sempre giudicato “non all’altezza”.

Oltretutto, sembra che non si tenga volutamente conto di un aspetto – che avevo già rilevato parlando di Invictus e che secondo me è tutt’altro che insignificante: il fatto che J. Edgar, così come Invictus, appunto, e Changeling sono trasposizioni di vicende/personaggi storici, reali. L’argomento e la stessa ambientazione possono essere per certi versi limitativi. Non è una connotazione necessariamente negativa, è semplicemente un fatto che rende abbastanza privo di senso fare paragoni tra storie così radicalmente diverse. Anzi. Tutt’al più mette in luce la bravura di Eastwood nel saltare da un argomento all’altro dimostrando un’inequivocabile maestria.

Posto questo, parliamo del film.

Argomento biografico. Il ritratto di J. Edgar Hoover capo e di fatto “creatore” dell’FBI tra gli anni 20 e i primi anni 70. Il ritratto di un personaggio, forte, ambiguo, estremamente complesso. E la costruzione stessa del film, a partire dalla sceneggiatura, riflette in modo molto azzeccato questa complessità. Non è solo l’alternarsi di flash back con i quali Hoover ripercorre la sua storia e la sua carriera, ma forse soprattutto la studiata frammentarietà di questi flash back. E’ la memoria di un uomo che ha vissuto tutta la vita spaccato in più parti senza mai riuscire realmente a conciliarle. Di Caprio nel ruolo è fenomenale. Aveva già dato prova più volte con Scorsese di essere adatto a ruoli forti, solitari e tormentati e qui non delude le aspettative. Per certi versi il personaggio di Hoover mi ha richiamato alla mente Hughes di Aviator. Un uomo di potere. Solo in questo potere e costretto a lottare per nascondere un’enorme debolezza di fondo.

J. Edgar non è un personaggio nè positivo nè negativo. E’ estremamente umano. Nei tratti quasi patologici del suo perseguire quelli che ritiene essere ideali di giustizia per il bene del suo paese. Nell’altrettanto patologico e vorace egocentrismo che lo porta  distorcere anche gli avvenimenti del passato per mettere se stesso al centro. Nel suo attaccamento alla madre. Nella sua omosessualità ammessa solo a tratti, forse anche con se stesso.

Accanto a Di Caprio Eastwood mette un co-protagonista di altissimo livello, Armie Hammer (The Social Network) nei panni del braccio destro e compagno di una vita, Clyde Tolson, oltre a Naomi Watts, brava ma non particolarmente notevole, e ad un’inquietantemente brava Judi Dench.

Una panoramica in soggettiva della storia americana dagli anni Venti ai primi anni Settanta, dall’epoca della paura del nemico bolscevico, attraverso quella dei gangster per arrivare a Kennedy e Martin Luther King (in un modo o nell’altro finisco nella tana del coniglio di 22/11/’63) e a Nixon (la bête noire dell’America ancora oggi?).

Unica pecca – italiana – il doppiaggio. Il doppiatore di Di Caprio ha una voce troppo alta anche quando Hoover è giovane (o comunque per qualsiasi personaggio l’attore interpreti, per quanto giovane), ma per il vecchio Hoover è veramente fuori luogo. E non è che non se ne siano accorti. Solo che hanno tentato di ovviare all’inconveniente facendo qualcosa che ha come risultato il fatto che il povero doppiatore sembra parlare con le guance piene di ovatta.

Ultima nota. L’invecchiamento dei personaggi è reso veramente bene, in particolare quello del protagonista.

 Qui e qui le solite info.

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