L’incapacità di rassegnarsi al fatto che ogni tanto bisogna dormire.
La capacità di addormentarsi immancabilmente nei posti e nei momenti meno appropriati.
E le dinamiche antropologiche di un ambiente chiuso. Piccolo e chiuso.
In un’epoca diversa e migliore probabilmente le troverei un interessante oggetto di studio, ma al momento mi sento tanto, tanto vicina a Jack Torrance.
E no, il mattino non ha l’oro in bocca.
Siamo irrequiete, darling?
Non più del solito.
Sicura…?
Mah, forse un po’…
E il motivo?
Boh. Il gatto mi fissa.
Quello è perché ha fame.
Ma non può avere di nuovo fame. Finirà per rotolare.
Ma è il decimo comandamento del dodecalogo…
Sì ma quello è per i cani…aspetta, in effetti, con qualche aggiustamento qua e là non è che non si possa adattare…
Dodecalogo del buon cane
1 Ama il padrone tuo come te stesso.
2 Odora il padre, la madre e tutto il resto.
3 Caga sempre dove qualcuno può passare.
4 Se ti abbandonano non ti meritano.
5 La pulce è sempre dove non puoi grattarla: accettalo.
6 Non desiderare la ciotola d’altri, ma se capita…
7 Se uno è più piccolo di te ringhia, se è più grosso mettiti a pancia in su.
8 Ciò che per gli altri è puzza per te è curiosità.
9 Ulula, crederanno che stai dicendo qualcosa.
10 Se il padrone si siede a tavola, guardalo come se non mangiassi da un anno.
11 Quando fai le feste, la tua gioia sia proporzionale al tuo peso.
12 Il tuo padrone non è strano, è umano: accettalo.
Ma che bello che è questo libro di Benni.
Un po’ fiaba, un po’ diario, un po’ confessione, un po’ sogno.
Nell’atmosfera pacifica di una casa ai margini di un bosco, Martin, vecchio professore e poeta, si è creato il suo rifugio. Studia le sorti e gli scritti del Catena, un poeta semi dimenticato, e la leggenda di una ragazza e di un lago celeste.
Martin parla con gli animali, primo fra tutti il suo fido scudiero Ombra, cucina come uno scapolo e cerca soluzioni di compromesso con la tecnologia.
E’ consapevole della sua solitudine ma la sa gestire.
E poi arrivano Aldo e Michelle, nella casa di fronte. E con Michelle arrivano i fantasmi. Uno in particolare, guida la schiera dei ricordi trasparenti e nebbiosi e costringe il vecchio professore a fare i conti con ciò con cui non ha ancora imparato a convivere.
Intorno a lui, come ad aver ricevuto una sorta di segnale dall’incursione di questo pezzo di passato, anche altri fantasmi prendono vita e manifestano il loro bisogno di far ascoltare il proprio messaggio.
Le storie che vengono tramandate non sempre sono quello che sembrano e le leggende hanno sempre una versione dimenticata e più vicina alla verità.
Una vecchia con uno scialle rosso, quaderni di numeri e una campana puttana.
L’ironia pungente e spassosa con cui Martin prende in giro le piccole assurdità quotidiane, le poesie e le ricette.
E la paura di ciò che siamo o siamo stati.
E l’enormità del saper perdonare se stessi, saper accettare i fantasmi, imparare a viverci a fianco.
So che oggi non sono lo stesso uomo, ma contengo quell’uomo di allora, e non si guarisce dalla propria ombra, le si affiancano soltanto nuove luci.